giovedì 30 aprile 2009

SVENTATO UN ALTRO ATTACCO DEI PIRATI DI FRONTE ALLA SOMALIA

DOMENICO SCOTTO DI PERTA.COMANDANTE DELLA JOLLY SMERALDO,
SVENTA ANCORA UN ATTACCO DEI PIRATI DI FRONTE ALLA SOMALIA
E' solo grazie alla grande capacità del comandante del
mercantile portacontainer Jolly Smeraldo, Domenico Scotto Di
Perta, che ha effettuato una serie di manovre diversive, che
sono riusciti a sfuggire all'attacco dei pirati. La Jolly si
trovava 300 miglia a sud-est di Mogadiscio. Anche in questo
caso, come per la Melody la nave è stata avvicinata da un
barchino con sette persone a bordo, ma grazie all'abilità
del comandante e del suo equipaggio ha sventato l'attacco.
Non ci sono stati feriti, anche se i banditi hanno sparato
colpi d'arma da fuoco, forse kalashnikov contro la nave.
Anche in questo caso il comandante è del Napoletano, di
Monte di Procida, terra di marittimi in gamba, parente di
uno degli uffficali della Lucina che furono uccisi in un
attacco terroristico in Algeria. Domenico Scotto Di Perta,
questo è il suo nome, ha la famiglia a Monte di Procida,
ha raccontato he a bordo hanno avuto paura perchè i pirati
soravano contro la nave mentre correvano con il barchino.
Non ci sono stati danni alla nave. A bordo sono 24 i membri
dell'equipaggio, 15 sono italiani.Stanno bene hanno
telefonato alle famiglie.
La nave Jolly Smeraldo era partita da Mombasa, in Kenya, ed
è diretta a Jeddah, in Arabia Saudita, dove è attesa il
6 maggio prossimo

mercoledì 29 aprile 2009

IL PROCURATORE LEPORE: CONTRO LA CAMORRA OCCORRONO PIU' MEZZI!

ANTIMAFIA A NAPOLI, IL PROCURATORE CHIEDE PIU' MEZZI PER
RISPONDERE ALLE SFIDE DELLA CAMORRA
Il procuratore di Napoli Giandomenico Lepore è stato
ascoltato dalla commissione parlamentare antimafia che è
in missione a Napoli e Caserta. Il procuratore, accompagnato
dai vertici della Dda, dai procuratori aggiunti e da diversi
pm, ha sottolineato la necessità di uno snellimento del
rapporto tra procura e ufficio del gip. "Alla commissione -
ha detto Lepore - chiederò i mezzi necessari alla procura,
soprattutto mezzi legislativi per rendere più snello il
rapporto con il gip ed evitare i tempi lunghi tra richieste
ed emissione delle ordinanze di custodia cautelare. Tali
tempi dipendono non dai gip - ha aggiunto - ma dai carichi
di lavoro"

lunedì 27 aprile 2009

BRUNO (MIS): IL CENTRO DESTRA CEDE AL RICATTO DELLA SINISTRA!

C O M U N I C A T O S
T A M P A

BRUNO: BERLUSCONI E IL CENTRO DESTRA CEDONO AI RICATTI
DELLA SINISTRA RITIRANDO IL DECRETO SUI COMBATTENTI DELLA
REPUBBLICA SOCIALE!

Sull'argomento il Vice Segretario Nazionale Vicario del
Movimento Idea
Sociale con Rauti Raffaele Bruno ha dichiarato:

"Si trattava di duecento euro al mese da dare a
combattenti della Repubblica
Sociale Italiana con una medaglia di bronzo, per aver
combattuto per l'onore
dell'Italia. E' una vergogna che Berlusconi e il centro
destra si siano fatti
condizionare dalle minacce di Franceschini e della
sinistra ritirando il
provvedimento che equiparava i combattenti della
Repubblica Sociale
con i partigiani. Questo Paese non riesce ad uscire dal
clima d'odio della
guerra civile e penalizza ancora combattenti che avranno
in media 83 anni
ciascuno. E' una vera vergogna che passerà alla storia
negativa dell'Italia!"

Napoli, 27 aprile 2009 L'Addetto
Stampa del MIS

sabato 25 aprile 2009

EQUIPARARE REPUBBLICHINI E PARTIGIANI

C O M U N I C A T O S
T A M P A

RAFFAELE BRUNO (MIS CON RAUTI): SI FACCIA COME IN SPAGNA, SI
A EQUIPARAZIONE TRA PARTGIANI E REPUBBLICHINI!

Sull'argomento il Vice Segretario Nazionale Vicario del
Movimento Idea Sociale con Rauti Raffaele Bruno ha
dichiarato:

"E' arrivato il momento che anche in Italia si faccia
come in Spagna, dove i franchisti e i partigiani morti
durante la guerra civile sono stati sepolti in un unico
grande mausoleo ed onorati da tutti senza distinzione,
superando per sempre il clima d'odio che ancora esiste da
noi e facendo trionfare la vera democrazia e la pietà
umana".

Napoli, 25 aprile 2009 L'Addetto
Stampa del MIS

ONORE AI CADUTI DELLA REPUBBLICA SOCIALE, CADUTI PER DIFENDERE L'ONORE DELL'ITALIA!

ONORE A PINO RAUTI, ULTIMO COMBATTENTE DELLA REPUBBLICA
SOCIALE CHE ANCORA COMBATTE PER DIFENDERE UN ONORE
CALPESTATO E IDEALI, VALORI E PRINCIPI PER I QUALI TANTI
GIOVANI SONO MORTI!

venerdì 24 aprile 2009

I GIORNI DELL'ABBANDONO

(E "liberazione" fu)

(a cura di Umberto Franzese)

I GIORNI DELL'ABBANDONO

L'otto settembre è un giorno memorando:
volta la fronte all'invasor nefando,
l'Italia con l'antico suo valore
alla vittoria guidò il vincitore.
L'otto settembre è memorabil data:
volte le spalle all'infausta alleata
già col ginocchio a terra, corremmo a vincer coi nostri
nemici
arditamente quella stessa guerra
che avevamo già persa con gli amici.
Tutto è chiaro fin qui, semplice e onesto:
son due modi di dire,
né val sapere se quello è meglio di questo.
Or dobbiamo stabilire
quale fu mai l'amico
e quale fu il nemico,
qual l'alleato e quale l'invasore.
Dopo aver decretato
Che nemico ed alleato
amico ed invasore
fu il vinto, e il vinto solo,
è da chiarire
quale fu il vincitore.

Curzio Malaparte, efficace descrittore ne' "la Pelle"
di quell'infausto periodo della fine della
II guerra mondiale, così tracciò in questi espliciti
versi uno dei più vergognosi voltafaccia della storia
recente.
Cominciò così. L'8 settembre 1943 l'Italia riscopre
la sua atavica inclinazione: il tradimento.
Alle 18,45 nella sede dell'EIAR in Prati, Pietro Badoglio,
con voce ferma, annuncia la resa
"nell'impossibilità di continuare l'impari lotta".
Alle ore 19 il generale Alexander invia a
Churchill il segnale dell'inizio delle operazioni.
L'ordine è preciso: puntare sul golfo di Salerno.
Poco dopo ai soldati di mare di terra e di cielo viene data
notizia dell'armistizio chiesto dagli
Italiani. Kesserling si pone sulla difensiva per arginare lo
sbarco alleato. Le truppe italiane
dell'artiglieria costiera vengono rese inoffensive dalla
16^ divisione germanica.

Erano i giorni dell'abbandono;
nelle case le spose intrecciavano
fili di speranza;
i bimbi portavano nelle palme
il profumo di fiori spenti;
le fanciulle avevano in cuore
tristezze e pianti;
nella polvere le impronte
di tutte le bandiere;
un cumulo di escrementi l'ultimo
baluardo, estremo giaciglio
di un angelo teutone.

Per un ragazzetto inconsapevole testimone di quegli incerti
terribili giorni, quale io ero, una esposizione efficace sul
filo del ricordo a trenta anni di distanza.
Gli scontri avvenuti il 28 settembre fra italiani e tedeschi
nella mattinata di quella che sarà ricordata
come la prima delle "quattro giornate", indurranno gli
storici più frettolosi a parlare di "insurrezione
popolare". In realtà, non esiste un qualsiasi piano
d'attacco, i vari episodi sono isolati e non hanno alcun
collegamento logico e tattico. Mancano i capi e, in fondo,
mancano i combattenti, se si considera che, in una città
di un milione e mezzo di abitanti, gli insorti – contro
poco più di duecento tedeschi – sono circa ottocento,
anche se in seguito la qualifica di partigiano verrà
riconosciuta a 15879 nominativi. E' opportuno ricordare a
questo punto che il comitato incaricato di riconoscimento
della qualifica di partigiano era presieduto da un
americano, il capitano Chaperman: questi si dimise dopo
pochi giorni, dichiarandosi scandalizzato dalla facilità
con cui "si regalavano e vendevano a contanti tessere e
medaglie". Il motivo primo, che spinge gruppi sparuti di
napoletani alla sollevazione, è il saccheggio dei depositi
di viveri e oggetti di valore. Contro i saccheggiatori
intervengono i soldati tedeschi. Viceversa contro i
guastatori germanici rimasti in città con l'intento di
mettere fuori uso impianti di produzione e di rifornimento,
si oppongono popolani ed ex militari. Comunisti ed ex
confinati si assumono, invece, il compito di dirigere veri e
propri scontri di resistenza armata. Focolari
d'insurrezione hanno luogo ai Camaldoli, a Materdei, a Via
Duomo, a Via Foria, a Capodimonte, alla Floridiana, a Piazza
Dante, all'Arenella, a S. Teresa. Un altro dei motivi men
che secondario è la razzia di persone e cose che gli ex
alleati traditi mettono in atto con forsennata metodicità.
Uomini validi al lavoro si rifugiano sui tetti delle case,
nelle chiese, nei monasteri, nei sottoscala, nei
sotterranei, nei nascondigli più impensabili.

Mo ch'è fatto l'armistizio,
vene 'o juorno d'' giudizio,
e chi nun ha rispettato
'e marite 'e nnamurate,
starrà dicenno: mo comme me spiccio
e comme l'arremmedio stu pasticcio?
Mo ca torna Geretiello
trova 'o figlio schiavuttiello,
mo ca torna Pascalino
trova 'o figlio marrucchino (…)

…O contano 'e cummare chist'affare:
sti case nun so' rare, se ne vedono a migliare.
E vvote basta sulo 'na guardata
e 'a femmina è rummase
sott''a botta 'mpressiunata (…).

Gli aerei alleati, prima e dopo la "liberazione",
impartivano, con la forza della persuasione, un corso
accelerato di "democrazia livellatrice" in un continuo
crescendo di bombardamenti indiscriminati, che avevano come
scopo di mietere vittime innocenti e terrorizzare le
popolazioni inermi.
Tra l'8 agosto e il settembre 1943, ad esempio, le
incursioni erano state più di 4500 con il lancio di 7000
tonnellate di bombe.
Il 4 agosto la città era stata colpita da un violentissimo
bombardamento. Piovvero giù dal cielo centinaia di bombe:
furono ore di angoscia indescrivibile. Arse per tre giorni
la più illustre delle chiese di Napoli: Santa Chiara
(…).

Munasterio 'e Santa Chiara…
Tengo 'o core scuro scuro…
Ma pecchè, pecchè ogne sera
penzo a Napule comm'era,
penzo a Napule comm'è!
Napoli USAta: per sottintendere occupata o come intona uno
stonato ritornello "liberata".
Un fortunato copione messo in scena dal Teatro dei Sordi che
aveva rimosso, riscoperto un periodo della storia patria,
rinnovellando vecchi motivi, filastrocche, canzoni
popolaresche, stornelli, vicende, fatti e misfatti del
periodo dell'occupazione dell'Allied Military
Government, imposto su tutto il territorio nazionale. Sulla
scia dei Sordi si avventarono ed avventurarono vari gruppi
teatrali, nuove e vecchie compagnie di canto popolare. Fu
quella un'ulteriore vampata per tracciare con maggiore
enfasi e spregiudicatezza, così come era avvenuto per "i
giorni dell'abbandono, la trattazione di un lasso di tempo
che avevo vissuto in modo drammatico.
Napoli alla mercé degli occupanti. Bianchi e neri
scorrazzavano nei quartieri popolari e ai bimbi di Napoli
laceri e affamanti, dopo i grappoli di bombe regalavano
chocolate.Lacrime e sangue. Dilagava il vizio, la
degenerazione, il decadimento. Sotterrata ogni fede,
calpestata ogni utopia, dalla nera mescolanza il figlio
della colpa. Mal tollerato, non digerito, dal futuro
incerto, mutevole.
I liberatori avevano reso la città un prostibolo. Qui come
altrove, come Tombolo, una grande pineta presso Marina di
Pisa, dove avevano creato un immane bordello, dove donne
provenienti dalle zone dell'Italia liberata, ai militari
alleati offrivano il sesso a buon mercato.

Chi ha avuto, avuto, avuto…
Chi ha dato, ha dato, ha dato…
Scurdammoce 'o passato,
simme 'e Papule, paisà!

martedì 21 aprile 2009

MUSSOLINI GRANDE STATISTA DEL XX SECOLO (a cura di Umberto Franzese)

MUSSOLINI GRANDE STATISTA DEL XX SECOLO

Pensieri cretini di uomini illustri o pensieri illustri di
uomini cretini? Cambiando l'ordine dei fattori il prodotto
non cambia: Mussolini grande statista del Ventesimo Secolo
secondo il giudizio di uomini di diverse esperienze. Voi che
qui di seguito leggerete giudicate.

"Mussolini è il grande legislatore dei nostri tempi".
(Anthony Eden, politico inglese)

"Mussolini un grande ipnotizzatore. Peccato che non
leggesse i fumetti: forse avrebbe preso la vita con più
Humour". ( Lee Falk , disegnatore americano ).

"Troppo a lungo l'Inghilterra ha chiuso gli occhi
davanti agli splendidi risultati ottenuti dal regime
fascista. Mussolini mi ha manifestato la sua gratitudine per
il Daily Mail, il primo quotidiano inglese che abbia esposto
onestamente al mondo gli scopi che egli si prefigge".
( Ward Price, giornalista inglese).

"All'Italia antica di Cesare, all'Italia nuova di
Mussolini, all'Italia, mia secondo Patria"
( Jorge Jansen, scrittore danese).

"Fra Facta e Mussolini, il Paese aveva già fatto la sua
scelta: il primo è un onest'uomo, con due baffetti
bianchi, ignoto a tutti, incapace di uscire dalla tutela
giolittiana; il secondo ha due occhi autoritari, il passo
spedito, la voce risoluta. Il primo spera, il secondo vuole,
e tutti gli italiani vogliono". (Leo Longanesi,
scrittore).

"Un uomo che desta ammirazione anche tra i suoi nemici, e
che ogni giorno detta leggi circa il modo di governare i
popoli in momenti difficilissimi". (David L. George,
politico inglese).

"Nel suo paese, Mussolini funse da antidoto a un mortale
veleno. Per l'Europa è stato un tonico, che ha fatto
molto bene a tutti". (Lord Harold Rothermere, scrittore ed
editore).

"Rivendico l'onore di essere stato in radiotelegrafia il
primo fascista, il primo a riconoscere l'utilità di
riunire in fascio i raggi elettrici, come Mussolini ha
riconosciuto per primo in campo politico la necessità di
riunire in fascio le energie sane del Paese". (Guglielmo
Marconi).

"Il Mussolini è il salvatore e rinnovatore della sua
Patria. Il Duce è uno statista di primissimo ordine,
completamente disinteressato. Un superuomo". (Mahatma
Gandhi, politico indiano).

"Mussolini è formidabile. Non credo che qualcuno abbia
per lui una venerazione maggiore della mia." (Igor
Stravinskij, musicista).

"L'uomo mandato dalla Provvidenza". ( Pio XI ).

"Mussolini è un uomo dal grande cuore e dalla grande
volontà, un gigante intellettuale". (Tablet)

"Il più grande uomo oggi vivente. Il suo governo
passerà alla storia come il più grande che l'Italia
abbia avuto" ( Daniel Mannix, arcivescovo di Melbourne).

La Marcia su Roma ha salvato la Nazione dal bolscevismo,
aperto la via ai Patti Lateranensi e alla Conciliazione
firmata nel 1921 tra la Chiesa e lo Stato ( Ildenfonso
Schuster).

(Continua)

domenica 19 aprile 2009

BANCHE A MEZZOGIORNO

BANCHE A MEZZOGIORNO
di Raffaele Bruno (Vice Segretario Nazionale Vicaro MIS con
Rauti)
Il fenomeno più rilevante della patologia bancaria nel
nostro Paese è rappresentato dalla crisi delle banche
meridionali, che ha riguardato sia i maggiori istituti
pubblici che banche private di ridotte dimensioni, assumendo
vere e proprie caratteristiche di instabilità sistematica.
Questa analisi, che ebbi modo di illustrare nella mia
qualità di Vice Segretario Nazionale Vicario e
responsabile del Dipartimento per le Politiche Meridionali
del Movimento Idea Sociale, in un convegno sul tema :
"Banche e Mezzogiorno", organizzato dal Banco di Napoli
e dall'Unione Industriali della Campania, trova purtroppo
conferma nel numero di provvedimenti di amministrazione
straordinaria e di liquidazione coatta relativi a banche con
sede nelle regioni del Sud.
La ricollocazione della proprietà avvenuta negli ultimi
anni a vantaggio di aziende con sede legale nel Centro Nord
sta avendo effetti devastanti sul tessuto economico e
sociale del Mezzogiorno, poiché le banche gestite da
centri decisionali non locali hanno aumentato la loro
avversione a dare fidi a imprese e a dare una mano chi è
in difficoltà.
Oggi le banche del Sud gestite dal Nord praticano tassi
già di per se da usurai e addirittura di tre quattro punti
superiori a quanto si pratica nelle regioni settentrionali.
Vale a dire che un imprenditore che chiede un aiuto
economico ad una banca, a pari condizioni, paga fino a
cinque punti in più di tasso di interessi rispetto ad un
imprenditore del Centro Nord. Tutte le banche comandate dal
Nord hanno poi il compito specifico di rastrellare i
risparmi dei meridionali per poi investirli nelle regioni
del Centro Nord, con il risultato che il Sud diventa sempre
più povero e gli imprenditori meridionali hanno sempre
meno possibilità di essere aiutati dalle banche.
Certo, fare banca al Sud significa confrontarsi, da un lato,
con una realtà imprenditoriale a più alta rischiosità,
carattere a sua volta originato, a parità di altre
condizioni, dall'incapacità cronica dello Stato e degli
Enti Locali di offrire in modo efficace i beni pubblici
primari: tutela dei diritti della persona e della
proprietà, autentici catalizzatori del lievito
dell'economia di mercato, rappresentato dalla fiducia.
L'assenza della miglior miscela tra regole e
fiduciarappresenta la più grave carenza con cui devono
confrontarsi banche e imprese del Mezzogiorno, e rispetto
alle quali la parte migliore dei ceti produttivi poco può.
Il Mezzogiorno ha patito per decenni i costi economici e
sociali di una sorta di tacito "patto scellerato" che
negli scorsi decenni ha legato il triangolo politica –
impresa – banca nella reciproca protezione delle
rispettive rendite di posizione.
L'intreccio tra politica, banca, impresa, famiglia e
istituzioni di controllo è rimarchevole. In generale, la
grande politica affaristica ha disegnato regole del gioco
che indirizzavano le risorse verso usi pubblici e privati
economicamente improduttivi, ma elettoralmente vantaggiosi.
Tante imprese collegate ad affaristi, malavita e banchieri
senza scrupoli asserviti alla politica traevano vantaggio da
quell'intreccio, che definiva mercati e settori poco
competitivi.
L'inefficacia delle istituzioni pubbliche – tempi e modi
della burocrazia e della giustizia in testa – hanno
completato il quadro, in cui rendite politiche e
professionali hanno finito per determinare un nodo difficile
da sciogliere.
Ma oggi siamo caduti dalla padella alla brace. Dalle grandi
banche gestite dal potere politico che dava fidi facili ai
camorristi e ai politici di Tangentopoli, siamo passati ad
un sistema creditizio che nel Sud è completamente in mano
alle speculazioni del Nord. Di fronte a questa situazione
nessuno ha mosso finora un dito. Oggi si ritorna a parlare
del problema, ma solo perché qualcuno vuole farsi un poco
di propaganda personale. Tutti i partiti, i sindacati e la
classe politica meridionale sono di fatto complici e
qualcuno avrà pagato il loro silenzio.
Ecco perché fummo soli noi del Movimento Idea Sociale a
chiedere un'indagine parlamentare sul Credito meridionale
e a protestare per giorni sotto la sede centrale di via
Toledo quando anche il più grande e prestigioso Istituto
bancario meridionale: il Banco di Napoli, fu svenduto
all'Imi San Paolo di Torino per una manciata di miliardi
delle vecchie lire.
Raffaele Bruno

sabato 18 aprile 2009

venerdì 17 aprile 2009

MANIFESTAZIONE DEL MIS CONTRO L'AUMENTO DELLA TASSA SULLA SPAZZATURA DEL 40% A NAPOLI!

C O M U N I C A T O S
T A M P A

CONFERENZA STAMPA E MANIFESTAZIONE DEL MIS CON RAUTI CONTRO
L'AUMENTO DELLA TASSA SIU RIFIUTI DEL 40% A NAPOLI!

Mercoledì 22 aprile, alle ore 11,30, in Via Roma,
angolo Pignasecca, altezza Banco di Napoli, avrà luogo una
manifestazione con conferenza stampa, volantinaggio,
megafonaggio ed esposizione di cartelloni di protesta,
contro l'aumento della tassa sui rifiuti solidi urbani
(TARSU), che il sindaco di Napoli Iervolino e sua giunta
comunale vogliono imporre ai napoletani.

Intervengono: Raffaele Bruno, vice Segretario Nazionale,
Vittorio Lamberti, Segretario Provinciale della Federazione
di Napoli, i dirigenti, Giuseppe Alviti, Gennaro Natale,
Tecla Tricarico e attivisti del Partito.

Sull'argomento Bruno ha dichiarato:
"Stiamo organizzando Comitati di protesta in tutti i
quartieri contro l'aumento della tassa sulla spazzatura
del 40%. Invece di risarcire i cittadini napoletani e
campani per i danni subiti da quindici anni di emergenza
rifiuti, Bassolino e Iervolino continuano a tartassare i
cittadini con nuove tasse e balzelli infami. Chiedo ai
napoletani di intervenire alla manifestazione di protesta
per mandarli a casa al più presto"

LA STAMPA E I CITTADINI ARRABBIATI SONO INVITATI!

giovedì 16 aprile 2009

PENA DI MORTE PER GLI ASSASSINI DEI CONIUGI AMBROSIO DI POSILLIPO!

C O M U N I C A T O S
T A M P A

PENA DI MORTE PER GLI ASSASSINI DEI CONIUGI AMBROSIO!

Sull'argomento il Vice Segretario Nazionale Vicario del
Movimento Idea Sociale con Rauti Raffaele Bruno ha
dichiarato:

"Credo che chiunque abbia commesso un crimine così
bestiale come quello realizzato contro il re del grano
Ambrosio e la sua consorte in una villa a Posillipo merita
una pena davvero esemplare. Che siano essi italiani o di
qualsiasi altra nazionalità, devo sottolineare il fatto
che gli immigrati clandestini rumeni e slavi stanno davvero
esagerando con i crimini commessi nel nostro Paese. Spaccio
di droga, alcol, rapine, scippi, rapine nelle ville isolate
e soprattutto una violenza inaudita nel colpire e
assassinare a sangue freddo inermi cittadini, è il
comportamento perseverante di slavi e rumeni, i quali nel
nostro Paese si stanno distinguendo per brutalità ed
inumanità. Credo che, fatto salvo il rispetto che nutro e
la solidarietà che esprimo per tutti gli immigrati,
fenomeno che rappresenta un dramma per loro e un dramma per
noi, per chiunque abbia assassinato i coniugi Ambrosio,
l'unica pena possibile sia la pena di morte"!

Napoli, 15 aprile 2009 L'Addetto Stampa

MAI OKAY (di Umberto Franzese)

MAI OKAY (di Umberto Franzese)

Non dirò mai Okay (bene, benissimo, va bene, d'accordo),
perché tale modo di dire immiserisce, impoverisce, rovina,
depaupera la lingua nostra italiana.
Non dirò mai okay, perché dall'imitazione della lingua
si passa alla imitazione dei costumi e quindi delle opinioni
spegnendo così ogni amore per le cose nostre. Parole o
espressioni accettate nell'uso comune, come: design
(schizzo, abbozzo), meeting (riunione, incontro), optional
(accessorio), privacy (intimità, riservatezza), question
time (interrogazione), shopping (fare la spesa, fare
acquisti), management ( amministrazione, gestione), welfare
( assistenza, benessere), sono neologismi? Neologismi? Sì,
quando non ce n'è di sostitutivi, ma quando di simili ce
ne sono e come, a che pro farne uso? E' giusto, oltre che
utile usare le lingue allorquando si deve comunicare con
popoli stranieri. Ciò ci serve a facilitare la
comprensione. Nel parlato quotidiano, nel comunicare col
nostro prossimo perché moltiplicare l'uso di parole che
non ci appartengono? Soppiantare o sostituire termini
italiani non c'inorgoglisce piuttosto ci deprime, ci rende
indolenti, incapaci di quel sentimento che ispira il nostro
spirito e l'amore di patria. Quel sentimento che un tempo
ci fece grandi tra le grandi d'Europa e ora ci rende
succubi di coloro che al di sotto di noi per cultura e
tradizioni, tendono a farci credere di essere superiori.
Siamo inondati di parole straniere perché privi di
volontà, non più creativi, non più attivi.
Perché non vogliamo nulla che non sia di altri, perché
non crediamo nelle cose nostre, perché accettiamo quelle
che ci vengono da altri e che accogliamo come novità.
Non dirò mai okay, perché questa espressione mi ricorda,
assieme a tante altre che rifiuto in modo categorico, che
esse ci furono imposte allorquando l'invasore occupante
ebbe la ventura di prevalere. L'invasore, quello stesso
che ci aggredì, ci oltraggiò inviperendo, tuonando,
invelenendo.
L'invasore che noi accogliemmo come liberatore mentre
ancora avevamo lacere le carni e mortificato lo spirito.
Non dirò mai okay perché amo tutto ciò che è mio,
che mi appartiene, che mi è stato donato da Dio, che mi
è stato trasmesso dalla mia terra, da mia madre, da mio
padre, dai miei avi.
Non dirò mai okay perché penserò, perché dirò, mi
comporterò, vestirò, canterò, mangerò
all'italiana.


Umberto
Franzese

martedì 14 aprile 2009

BRUNO (MIS), CHIEDE L'ISTITUZIONE DEL MINISTERO PER IL MEZZOGIORNO AL GOVERNO

C O M U N I C A T O S T A M P A


PER IL VICE SEGRETARIO NAZIONALE E REPONSABILE DELLE
POLITICHE MERIDIONALI DEL MIS CON RAUTI RAFFAELE BRUNO E'
NECESSARIO REALIZZARE SUBITO UN MINISTERO PER IL
MEZZOGIORNO!
Sull'argomento Bruno ha dichiarato:
"Siamo convinti che sia ormai ineludibile oltre che
necessaria la tanto auspicata svoltanelle politiche del
governo Berlusconi nei confronti del Meridione, anche con la
realizzazione di un Ministero per le politiche del
Mezzogiorno. Questa ci sembra la giusta soluzione operativa
e politica alle preoccupazioni di una "deriva nordista",
logica conseguenza della riforma federalista voluta
innanzitutto dalla Lega ed accolta dal governo di centro
destra. La realizzazione di un Ministero delle politiche
meridionali avrebbe certamente un notevole effetto mediatico
positivo e rappresenterebbe un'efficace risposta di
coordinamento di promozione e di realizzazione di progetti e
contenuti politici per la valorizzazione del Sud. Si
potrebbe così realizzare un forte e concreto rilancio
delle regioni meridionali attraverso una politica per le
infrastrutture che non abbia solo nella lontana
realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina e
nell'estenuante e lentissimo adeguamento della Salerno –
Reggio Calabria i progetti da realizzare; una politica per
il credito che consenta alle imprese meridionali di godere
delle stesse condizioni assicurate alle altre regioni; una
politica fiscale che non penalizzi le regioni meridionali e
consenta nuovi investimenti pubblici; una politica
occupazionale che favorisca nel Mezzogiorno d'Italia nuove
assunzioni, riutilizzando efficaci strumenti della politica
degli investimenti che rilanci la programmazione negoziata e
determini le condizioni per attirare nuovi e maggiori
capitali per la realizzazione di nuove imprese e garantire
la realizzazione di strategiche attività turistiche e del
terziario".
Napoli, 14 aprile2009
L'Addetto Stampa

domenica 12 aprile 2009

sabato 11 aprile 2009

IN GALERA POLITICI E AMMINISTRATORI RESPONSABILI DEL DISASTRO VERIFICATOSI IN ABRUZZO!

COMUNICATO STAMPA
Sull'argomento il Vice Segretario Nazionale Vicario e
Responsabile del Dipartimento per le Politiche del
Mezzogiorno Raffaele Bruno ha dichiarato:
"Penso che sia stata l'avidità degli uomini, quelli che
hanno fatto il cemento con la sabbia di mare e quelli che
non hanno vigilato e hanno messo le mazzette in tasca i veri
colpevoli di quanto è avvenuto in Abruzzo. Politici e
amministratori abruzzesi, a qualunque schieramento
appartengono, devono finire in galera e i loro beni
confiscati a favore dei terremotati".
Roma, 11 aprile 2009 L'Addetto Stampa MIS
www.misconrauticampania.it, www.ventodelsudonlus.it

BUONA PASQUA A TUTTI!

mercoledì 8 aprile 2009

IL GOVERNO SI CONVINCE SUL NO ALLE RONDE!

mercoledì 8 aprile 2009
il PRESIDENTE AGPG GIUSEPPE ALVITI E IL V.SEG.DEL MIS
RAFFAELE BRUNO VINCONO LA BATTAGLIA SUL NO ALLE RONDE!


Sicurezza, via le ronde dal dl: accordo raggiunto, marcia
indietro del governo.

Il governo ha accettato di eliminare dal dl sicurezza le
norme sulle ronde duramente contestate dal Presidente
Nazionale AGPG Giuseppe Alviti e dal Vice Segretario
Nazionale Vicario del Mis con Rauti Raffaele Bruno . I due
esponenti missini si erano battuti contro l'istituzione
delle ronde ed avevano proposto che fossero utilizzate le
guardie giurate a tale compito. " Ora, hanno concluso Bruno
e Alviti, la nostra proposta la rilanciamo e confidiamo che
sia accolta dal Governo al più presto."

lunedì 6 aprile 2009

ABRUZZO, L'AQUILA: DOLORE E SOLIDARIETA' NAZIONALE

UN FORTE TERREMOTO DEVASTA L'AQUILA E PROVINCIA!

Il terremoto devasta L'Aquila e provincia:
150 morti, 1.500 feriti,50 dispersi, 10mila edifici
lesionati

La scossa alle 3.32, di magnitudo 5,8, grado 8-9 Mercalli
Quattro bimbi morti nel capoluogo. Panico a Roma e
nell'Italia centrale
La Protezione civile: non mettersi in viaggio. Chiusa l'A24.
Solidarietà da tutto il mondo.

domenica 5 aprile 2009

SCOPERTA DISCARICA ABUSIVA

GESTIVANO UNA DISCARICA ABUSIVA A POGGIOREALE, TRE ARRESTI
Nel quartiere Poggioreale i carabinieri del nucleo operativo
della locale compagnia hanno tratto in arresto Domenico
Avolio , 44enne, residente a Giugliano in Campania
incensurato, Vincenzo Pandolfi, 36 anni, residente a Napoli
all Cupa Principe e Rosario Russo, 37 anni, residente a
Casoria alla cupa Casoria, entrambi gia' noti alle ffoo,
tutti responsabili in concorso di violazione all'articolo
6 della legge 210/2008. durante attivita' investigativa
e' stato accertato che i predetti gestivano una discarica
non autorizzata su area demaniale di oltre 3000 mq. nella
disponibilita' dell'Avolio ove venivano sversati rifiuti
speciali pericolosi e non costituiti prevalentemente da
materiale proveniente da demolizioni edili. l'area e'
stata sottoposta a sequestro. gli arrestati sono stati
tradotti nella casa circondariale di Poggioreale.

CORREZIONE ERRORE

CORREZIONE ERRORE: SI PRECISA CHE GLI AUTORI DELLA NOTIZIA
DELL'INSERIMENTO DI CHIAIANO TRA LE ZONE DA SALVARE DA PARTE
DEL MINISTERO DELL'AGRICOLTURA QUI SOTTO RIPORTATA SONO
EMILIA SANTORO E ETTORE LETTIERI E IL LINK D'ORIGINE E'
WWW.CHIAIANODISCARICA.IT. CI SCUSIAMO PER LO SPIACEVOLE
INCIDENTE.

IL MINISTERO DELL'AGRICOLTURA: LA SELVA DI CHIAIANO VA SALVATA!

Il Ministero dell'Agricoltura: "Chiaiano va salvata"

Non è un pesce d'aprile, ma una vera e propria
"bomba": il Ministero per le Politiche Agricole,
Alimentari e Forestali, contraddicendo inconfutabilmente le
decisioni di questo governo in materia di smaltimento
rifiuti e di tutela ambientale, ha inserito la Selva di
Chiaiano e tutto il Parco delle Colline di Napoli nel
Catalogo del paesaggio rurale storico italiano, cioè
l'elenco di quelle aree che vanno tutelate, salvaguardate
in quanto parte del patrimonio ambientale e storico
nazionale.
Il catalogo, commissionato dalla Direzione generale Sviluppo
rurale del Ministero, è frutto delle ricerche e delle
valutazioni compiute da circa settanta fra i massimi esperti
di colture agricole, storia e discipline territoriali,
coordinati dal Prof. Mauro Agnoletti, della Facoltà di
Agraria dell'Università di Firenze (Dipartimento di
Scienze e Tecnologie Ambientali Forestali).
La notizia viene riportata sulla prima pagina de la
Repubblica del 2 aprile 2009, nell'articolo di Francesco
Erbani "Paesaggio, cartoline dal Belpaese da salvare".
Nell'articolo (che prosegue nelle pagine interne con
dovizia di particolari e corredato di foto e dichiarazioni
degli esperti) si pone in particolare risalto proprio la
condizione in cui versa attualmente il Parco delle Colline
di Chiaiano.
L'area - si afferma inoltre - è saldamente tutelata e
valorizzata dal piano regolatore, ma la sua vulnerabilità
è massima, soprattutto a causa della decisione di
utilizzarne le numerose cave come sversatoio di centinaia di
migliaia di tonnellate di rifiuti.
Altre informazioni sul catalogo e sul prof. Agnoletti sono
reperibili su internet, all'indirizzo web:
www.forestlandscape.unifi.it/sito_italiano/catalogo.asp
Lì si scopre ad esempio:
- che il lavoro si iscrive nel Piano Strategico Nazionale di
Sviluppo Rurale 2007-13, nell'ottica di conservazione dei
valori fondamentali dell'identità culturale nazionale
(in vista della costituzione di un osservatorio nazionale
del paesaggio rurale);
- che si rende necessario individuare le aree più
rappresentative, in termini di significatività,
integrità e vulnerabilità del paesaggio agricolo e
forestale;
- che il catalogo sarà anche utile alla definizione dei
parametri della "condizionalità" per le esigenze delle
Politiche Agricole Comunitarie e degli obiettivi della
Convenzione Europea del Paesaggio ratificata dall'Italia
nel 2006.
Tutto questo, se mai ce ne fosse stato bisogno, pone in
ulteriore risalto l'assoluta inidoneità dell'area di
Chiaiano all'allestimento di discariche di qualsiasi
dimensione, ne rende ancora più urgente la profonda ed
accurata bonifica, richiama alla non più procrastinabile
necessità di tutela e valorizzazione della zona attraverso
la realizzazione del Parco delle Colline, cui era da tempo
destinata.
Tra l'altro aggiunge un motivo in più a quelli
ambientali, urbanistici e socio-economici che tecnici,
scienziati, giuristi e cittadinanza vanno evidenziando da
oltre un anno, quello della conservazione dei valori
fondamentali dell'identità culturale nazionale.
Si tratta proprio di quei valori verso i quali l'attuale
governo si dichiara ad ogni occasione utile particolarmente
sensibile: bene, invece di porre in atto politiche
antidemocratiche e inumane nei confronti dei migranti,
dimostri di esserlo davvero interrompendo lo scempio cui ha
dato inizio.
Napoli, 5 aprile 2009 L'Addetto Stampa

sabato 4 aprile 2009

APPELLO DI BRUNO (MIS) AL GOVERNO: NON ABBANDONATE IL SUD!

COMUNICATO STAMPA

APPELLO DI BRUNO AL GOVERNO: NON ABBANDONATE IL MEZZOGIORNO!

Sull'argomento il Vice Segretario Nazionale Vicario e
Responsabile del Dipartimento per le Politiche del
Mezzogiorno del Moviemento Idea Sociale con Rauti
Raffaele Bruno ha dichiarato:

"Nella storia repubblicana la questione meridionale è
stata sempre affrontata attraverso l'elargizione di
sovvenzioni e aiuti statali. Una formula che ha prodotto
più sprechi che soluzioni. Dalla Cassa per il Mezzogiorno
ai nuovi fondi comunitari, dall'intervento straordinario
ai contributi dati a pioggia sul territorio non si è mai
affrontato strutturalmente il problema. Il Mezzogiorno ha
bisogno di lavoro vero, sviluppo, aiuto alle imprese e alle
famiglie in difficoltà per la crisi economica in corso e
infrastrutture serie e subito. Rivolgo pertanto un aiuto al
Governo Berlusconi a non abbandonare il Sud. Diversamente il
Mezzogiorno rimarrà una "palla al piede" per il Nord
ed il grande, vero problema irrisolto del Paese".

Napoli, 4 aprile 2009
L'Addetto Stampa

venerdì 3 aprile 2009

OGGI BRUNO (MIS) ALLA FIACCOLA PRO PERROTTA A MARANO

C O M U N I C A T O S
T A M P A


OGGI IL VICE SEGREATARIO NAZIONALE VICARIO DEL MIS CON RAUTI
RAFFAELE BRUNO PARTECIPA ALLA FIACCOLATA DI SOLIDARIETA'
CON IL SINDACO DI SINISTRA SALVATORE PERROTTA A MARANO!

Sull'argomento il Vice Segretario Nazionale Vicario e
Responsabile del Dipartimento per le Politiche del
Mezzogiorno Raffaele Bruno ha dichiarato:

"Partecipo oggi, alle ore 18.00 a Marano, alla
fiaccolata di solidarietà con il sindaco Salvatore
Perrotta, al quale la Magistratura ha ingiustamente vietato
la dimora nel suo paese. Si tratta, a mio avviso di una
ritorsione per avere difeso la sua terra da un attacco senza
precedenti a un territorio già devastato, opponendosi alla
realizzazione della discarica. Realizzare una mega discarica
nel pieno della selva di Chiaiano, in una dell 14 cave ivi
esistente, nell'unico vero polmone verde esistente a
Napoli, significa avere voluto punire centinaia di migliaia
di cittadini, che pagheranno le nefaste conseguenze di una
scelta criminale. Per un anno io e la mia famiglia abbiamo
lottato e continuerò a battermi per difendere il
territorio dove abito dallo scempio".

Napoli, 3 aprile 2009 L'Addetto
Stampa

mercoledì 1 aprile 2009

CONVEGNO SULLA MASCHERA DI PULCINELLA

COMUNICATO COLLETTIVA


A cura dell'AIGE, Associazione Informazione Giovani
Europa, in collaborazione con l'Associazione Amici di
Pulcinella, prosegue la programmazione per commemorare, nel
400esimo anniversario, la nascita della maschera di
Pulcinella.
Nel Salone della Borsa Valori della Camera di Commercio
Industria Artigianato e Agricoltura di Napoli, dal 6 al 10
aprile 2009, la Collettiva "Pulcinella – Maccus: il
Tempo, i Luoghi, il Mito".
Espongono gli artisti: Ettore Forestiere, Saverio Francesco
Galdo, Bigal, Franco Lista, Gianni Nappa, Mimmo Piscopo,
Neotto, Domenico Sepe, Antonio Russo Sarnelli, Arva,
Francesco Verio, Ena Villani. Chiude l'elenco degli
espositori: l'Istituto Professionale per l'Industria e
l'Artigianato della Porcellana e della Ceramica di
Capodimonte "Giovanni Caselli". Curatore della Mostra:
Gianni Nappa. Allestimento: Studio 04 Comunicazioni –
Boscotrecase. Direzione Artistica: Umberto Franzese. Ufficio
Stampa e Pubbliche relazioni: Angela Matassa, Silvana
Capuano, Silvana Caiazzo. Inaugurazione presentazione alla
Stampa, lunedì 6 aprile, ore 12, nella Sala del Consiglio
della Camera di Commercio Industria Artigianato e
Agricoltura di Napoli.
Partecipa l'attrice Maria Grazia Renato. Segue rinfresco.

COESIONE POLITICA E SOCIALE PER L'EUROPA (di Raffaele bruno)

COESIONE POLITICA E SOCIALE PER L'EUROPA

di Raffaele bruno

Confondere la civiltà europea con la civiltà
universale, è una tentazione ben nota in Europa. Dare ad
una realtà concreta e contingente un significato quasi
assoluto è un errore comune. Sarebbe più utile discutere
delle aspettative e delle attese di una parte dell'Europa
nei confronti dell'altra. Occorre, forse, innanzi tutto
definire o chiarire alcuni concetti e termini, avviandoci
nel cammino verso "l'altra Europa". Occorre subito dire che
l' Europa dell'Est è stata una designazione più politica
e ideologica che geografica e culturale, imposta dalla
Seconda guerra mondiale e dalla Guerra Fredda. Questo nome
è diventato desueto, viene sostituito da un altro,
altrettanto impreciso: Europa centrale e orientale. L'Europa
centrale comprende anche paesi che - come l'Austria o la
Svizzera - non sono stati assoggettati dai "regimi
comunisti" dell'Est. L'altra Europa è anch'essa una
nozione mal definita, forse di proposito. Che cos'è altro
in questa parte dell'Europa e che cos'è europeo in questa
alterità? Nessuno ha risposto a queste domanda, non so
nemmeno se sia mai stata formulata. L'Europa nel suo insieme
non è più ciò che era una volta. Anche quello che
chiamavamo il Terzo Mondo è cambiato e alcuni parlano
già di un Quarto Mondo. Una parte dell'Altra Europa dei
giorni nostri fa apparentemente parte del Terzo Mondo: resti
dell'impero sovietico, vestigia dell'antica Russia, della
Bielorussia o dell'Ucraina, gran parte della ex Jugoslavia
disgregata, i confini dei Balcani, della Bulgaria,
dell'Albania o della Romania, fors'anche della Grecia o
della Turchia. Dopo un rivolgimento tanto violento quanto
inatteso, le nozioni di Europa occidentale e orientale
sembrano finalmente corrispondere a punti cardinali. Ci si
potrebbe rallegrare di questo buon uso delle parole se le
cose in sé si presentassero diversamente. Se l'altra
Europa è una denominazione ambigua, la realtà cui si
riferisce non lo è di meno. Oggi questa realtà la
possiamo scorgere come è o come dovrebbe essere. La
retorica si adatta a queste ambivalenze. La politica ne
trae vantaggio. La retorica politica ne abusa. Si tratta di
pensare l'Europa prendendo in considerazione i valori della
cultura e della civiltà che la caratterizzano. Evitare di
adottare solo i progetti particolari, che talvolta
nascondono piatti interessi politico-economici. Questo
sembra essere di massima urgenza nel momento in cui l'Europa
stessa realizza la sua definizione e prepara, non senza
difficoltà, una Convenzione sul futuro dell'Europa, specie
di Costituzione per i suoi membri (o un Trattato di
costituzione, come è stato detto recentemente).
L'allargamento dell'Unione europea conferisce ad un tal
compito una straordinaria rilevanza. Ogni tentativo simile
esordisce o si conclude con una domanda ad un tempo banale
ed imprescindibile:"Quale Europa?". L'abbiamo sentita, tante
volte, in diversi contesti, dall'Europa del carbone e
dell'acciaio fino a quella di Maasticht e dell'euro. Forse
è utile rievocare alcuni termini in cui quella domanda
era posta e salvare dall'oblio alcune idee dei nostri
predecessori. Alcune di esse hanno conservato tutta la loro
attualità: "L'Europa sarà seria o non sarà... Sarà
più scientifica che letteraria, più intellettuale che
artistica. Per molti di noi questa lezione sarà crudele".
Così ci ammoniva Julien Benda nel suo Discorso alla
nazione europea, scritto alla vigilia di una guerra che
sarebbe stata europea prima di diventare mondiale. Potremmo
modificare alcuni accenti di tali messe in guardia o
apportarvi, nello stesso spirito, qualche aggiunta. Sarebbe
auspicabile che l'Europa odierna fosse più forte e armata,
più aperta al cosiddetto Terzo Mondo, più Europa dei
cittadini, più consapevole di se stessa e soprattutto meno
soggetta all'americanizzazione. Sarebbe utopistico
aspettarsi che diventasse, in un futuro prevedibile, più
comunitaria che cosmopolita, più culturale che
commerciale, più solidarista che capitalista e senza
volto. L'Europa dei valori non permetterebbe che si
chiedesse, per entrare nell'Unione europea, di passare per
la Nato: è un tipo di purgatorio che avrebbe rifiutato.
E' legittimo chiedere quale sarebbe l'"altra Europa", che
si trova di fronte a queste alternative. Nella maggior
parte dei cosiddetti "paesi dell'Est", il post-comunismo
non è ancora riuscito a "raggiungere" i regimi che si
dicevano comunisti (come livello di vita e di produzione,
scambi economici, sicurezza sociale, regime pensionistico,
eccetera). Per citare solo un esempio: la Slovenia, uno dei
nuovi stati meglio partiti, con uno statista illuminato a
capo, ha messo quasi otto anni per poter raggiungere la
stessa Slovenia - la sua produttività dell'inizio degli
anni novanta. Questa considerazione non ha lo scopo di
riabilitare le pratiche ben conosciute di un socialismo che
si è autoproclamato "reale". Le transizioni di questi
paesi durano molto più a lungo del previsto. Riescono
soltanto eccezionalmente a diventare vere trasformazioni.
(Occorre distinguere meglio queste due nozioni: la
transazione è basata su ipotesi, la trasformazione è un
risultato). Il ricordo dell'Ancien régime è vivo ancora
in molte zone del nostro continente e fuori di esso. Si
tratta di una realtà che sembra già compiuta senza
concludersi o raggiungere una forma accettabile. E' una
situazione difficile dalla quale non ci si riesce ad
affrancare. Molti becchini si danno invano da fare, senza
riuscire a sbarazzarsi delle spoglie. E' un ruolo tutt'altro
che facile.
Più di un regime proclama in modo ostentato la
libertà senza pervenire a fornire un'apparenza appena
credibile: tra passato e presente si determina uno iato, tra
presente e avvenire si svolge l'ibrido incontro tra un
auspicio di emancipazione e un residuo di assoggettamento.
Vi si fanno spartizioni senza che rimanga granché da
spartire. Si è creduto di conquistare il presente e non si
riesce nemmeno ad avere ragione del passato. Vi nascono
certe libertà senza che si sappia sempre cosa farne,
rischiando di abusarne. In questi paesi è stato necessario
difendere un patrimonio nazionale - ed oggi bisogna, in
molti casi, difendersi da quello stesso patrimonio.
Altrettanto dicasi per la memoria: si doveva salvaguardarla
- ed essa sembra adesso voler punire quelli stessi che
l'avevano salvata. Se bene non si possono generalizzare
queste constatazioni un pò forzate: ciò che vale per
l'Albania, o per certe componenti dell'ex Jugoslavia, non
può essere applicato allo stesso titolo per la Bulgaria,
la Romania o la Russia. La situazione bulgara, rumena o
russa non è comparabile con quella dell'Ungheria, della
Polonia o, soprattutto, con quella della Repubblica Ceca o
della Slovenia.


Raffaele Bruno

COESIONE POLITICA E SOCIALE PER L'EUROPA (di Raffaele bruno)

COESIONE POLITICA E SOCIALE PER L'EUROPA

di Raffaele bruno

Confondere la civiltà europea con la civiltà
universale, è una tentazione ben nota in Europa. Dare ad
una realtà concreta e contingente un significato quasi
assoluto è un errore comune. Sarebbe più utile discutere
delle aspettative e delle attese di una parte dell'Europa
nei confronti dell'altra. Occorre, forse, innanzi tutto
definire o chiarire alcuni concetti e termini, avviandoci
nel cammino verso "l'altra Europa". Occorre subito dire che
l' Europa dell'Est è stata una designazione più politica
e ideologica che geografica e culturale, imposta dalla
Seconda guerra mondiale e dalla Guerra Fredda. Questo nome
è diventato desueto, viene sostituito da un altro,
altrettanto impreciso: Europa centrale e orientale. L'Europa
centrale comprende anche paesi che - come l'Austria o la
Svizzera - non sono stati assoggettati dai "regimi
comunisti" dell'Est. L'altra Europa è anch'essa una
nozione mal definita, forse di proposito. Che cos'è altro
in questa parte dell'Europa e che cos'è europeo in questa
alterità? Nessuno ha risposto a queste domanda, non so
nemmeno se sia mai stata formulata. L'Europa nel suo insieme
non è più ciò che era una volta. Anche quello che
chiamavamo il Terzo Mondo è cambiato e alcuni parlano
già di un Quarto Mondo. Una parte dell'Altra Europa dei
giorni nostri fa apparentemente parte del Terzo Mondo: resti
dell'impero sovietico, vestigia dell'antica Russia, della
Bielorussia o dell'Ucraina, gran parte della ex Jugoslavia
disgregata, i confini dei Balcani, della Bulgaria,
dell'Albania o della Romania, fors'anche della Grecia o
della Turchia. Dopo un rivolgimento tanto violento quanto
inatteso, le nozioni di Europa occidentale e orientale
sembrano finalmente corrispondere a punti cardinali. Ci si
potrebbe rallegrare di questo buon uso delle parole se le
cose in sé si presentassero diversamente. Se l'altra
Europa è una denominazione ambigua, la realtà cui si
riferisce non lo è di meno. Oggi questa realtà la
possiamo scorgere come è o come dovrebbe essere. La
retorica si adatta a queste ambivalenze. La politica ne
trae vantaggio. La retorica politica ne abusa. Si tratta di
pensare l'Europa prendendo in considerazione i valori della
cultura e della civiltà che la caratterizzano. Evitare di
adottare solo i progetti particolari, che talvolta
nascondono piatti interessi politico-economici. Questo
sembra essere di massima urgenza nel momento in cui l'Europa
stessa realizza la sua definizione e prepara, non senza
difficoltà, una Convenzione sul futuro dell'Europa, specie
di Costituzione per i suoi membri (o un Trattato di
costituzione, come è stato detto recentemente).
L'allargamento dell'Unione europea conferisce ad un tal
compito una straordinaria rilevanza. Ogni tentativo simile
esordisce o si conclude con una domanda ad un tempo banale
ed imprescindibile:"Quale Europa?". L'abbiamo sentita, tante
volte, in diversi contesti, dall'Europa del carbone e
dell'acciaio fino a quella di Maasticht e dell'euro. Forse
è utile rievocare alcuni termini in cui quella domanda
era posta e salvare dall'oblio alcune idee dei nostri
predecessori. Alcune di esse hanno conservato tutta la loro
attualità: "L'Europa sarà seria o non sarà... Sarà
più scientifica che letteraria, più intellettuale che
artistica. Per molti di noi questa lezione sarà crudele".
Così ci ammoniva Julien Benda nel suo Discorso alla
nazione europea, scritto alla vigilia di una guerra che
sarebbe stata europea prima di diventare mondiale. Potremmo
modificare alcuni accenti di tali messe in guardia o
apportarvi, nello stesso spirito, qualche aggiunta. Sarebbe
auspicabile che l'Europa odierna fosse più forte e armata,
più aperta al cosiddetto Terzo Mondo, più Europa dei
cittadini, più consapevole di se stessa e soprattutto meno
soggetta all'americanizzazione. Sarebbe utopistico
aspettarsi che diventasse, in un futuro prevedibile, più
comunitaria che cosmopolita, più culturale che
commerciale, più solidarista che capitalista e senza
volto. L'Europa dei valori non permetterebbe che si
chiedesse, per entrare nell'Unione europea, di passare per
la Nato: è un tipo di purgatorio che avrebbe rifiutato.
E' legittimo chiedere quale sarebbe l'"altra Europa", che
si trova di fronte a queste alternative. Nella maggior
parte dei cosiddetti "paesi dell'Est", il post-comunismo
non è ancora riuscito a "raggiungere" i regimi che si
dicevano comunisti (come livello di vita e di produzione,
scambi economici, sicurezza sociale, regime pensionistico,
eccetera). Per citare solo un esempio: la Slovenia, uno dei
nuovi stati meglio partiti, con uno statista illuminato a
capo, ha messo quasi otto anni per poter raggiungere la
stessa Slovenia - la sua produttività dell'inizio degli
anni novanta. Questa considerazione non ha lo scopo di
riabilitare le pratiche ben conosciute di un socialismo che
si è autoproclamato "reale". Le transizioni di questi
paesi durano molto più a lungo del previsto. Riescono
soltanto eccezionalmente a diventare vere trasformazioni.
(Occorre distinguere meglio queste due nozioni: la
transazione è basata su ipotesi, la trasformazione è un
risultato). Il ricordo dell'Ancien régime è vivo ancora
in molte zone del nostro continente e fuori di esso. Si
tratta di una realtà che sembra già compiuta senza
concludersi o raggiungere una forma accettabile. E' una
situazione difficile dalla quale non ci si riesce ad
affrancare. Molti becchini si danno invano da fare, senza
riuscire a sbarazzarsi delle spoglie. E' un ruolo tutt'altro
che facile.
Più di un regime proclama in modo ostentato la
libertà senza pervenire a fornire un'apparenza appena
credibile: tra passato e presente si determina uno iato, tra
presente e avvenire si svolge l'ibrido incontro tra un
auspicio di emancipazione e un residuo di assoggettamento.
Vi si fanno spartizioni senza che rimanga granché da
spartire. Si è creduto di conquistare il presente e non si
riesce nemmeno ad avere ragione del passato. Vi nascono
certe libertà senza che si sappia sempre cosa farne,
rischiando di abusarne. In questi paesi è stato necessario
difendere un patrimonio nazionale - ed oggi bisogna, in
molti casi, difendersi da quello stesso patrimonio.
Altrettanto dicasi per la memoria: si doveva salvaguardarla
- ed essa sembra adesso voler punire quelli stessi che
l'avevano salvata. Se bene non si possono generalizzare
queste constatazioni un pò forzate: ciò che vale per
l'Albania, o per certe componenti dell'ex Jugoslavia, non
può essere applicato allo stesso titolo per la Bulgaria,
la Romania o la Russia. La situazione bulgara, rumena o
russa non è comparabile con quella dell'Ungheria, della
Polonia o, soprattutto, con quella della Repubblica Ceca o
della Slovenia.


Raffaele Bruno