AMARA LINGUA (di Umberto Franzese)
La purezza della lingua va salvaguardata. "Le parole straniere turbano l'altrimenti sano e armonico ambiente culturale". Nell'anno di grazia 2010, nel sacro nome della "cinesità", dalla amministrazione generale per la stampa e le pubblicazioni (GAPP), agenzia governativa della Repubblica popolare cinese, è vietato l'inglese, che attraverso il commercio, la pubblicità, i mezzi di comunicazione di massa, contamina la purezza della lingua, la immiserisce, l'invalida, la turba.
In Italia come in Europa, l'inglese si fa strada sostituendosi nel quotidiano al linguaggio comune. Non si limita l'inglese o come più comunemente viene detto, l'itanglese, ai linguaggi mediatici utilizzati nel commercio, nell'industria, al settore tecnologico, degli affari, invade anche il mondo dello sport , dello spettacolo, dell'arte penetrando nei settori più svariati, dalla moda alla gastronomia.
Ancora prima del Novecento, Soren Kierkegaard, filosofo danese, considerato il padre dell'esistenzialismo, sosteneva che la "lingua di casa, la lingua di mercato, possiede già tutti i requisiti per rispondere alle esigenze più importanti di cui abbiamo bisogno per la vita di relazione e per lo sviluppo delle nostre conoscenze, ci dà sempre strumenti per lottare con l'inesprimibile".
E Guido Ceronetti, scrittore affermatosi come traduttore di classici latini e testi biblici, rincara: "non mi rinocerontizzo nella carica sorda della neolingua dominante, no. Se i vostri figli si mostrano svogliati nell'apprendere l'inglese di tutti, favorite questa loro simpatica inclinazione. Incoraggiateli
col mio esempio di antianglofono refrattario!".
Tullio De Mauro, professore emerito dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" e accademico della Crusca, ricorda che "l'art. 6 della nostra Costituzione recita che bisogna tutelare le minoranze linguistiche che sono tuttavia di antica origine, esistenti nel nostro Paese da almeno cinque secoli". E se, aggiungiamo noi, bisogna tutelare le minoranze linguistiche, tanto più va tutelata, salvaguardata la lingua nazionale. Tutela che va estesa ai dialetti regionali con ascendenze greco-latine. La tutela e valorizzazione della lingua e dei dialetti regionali va incentivata incastrandola negli ambiti accademici, culturali, scolastici. Occorre, perciò, preservarla, risanarla, se e quando occorre, da contaminazioni esterne. I dialetti locali vanno sostenuti, favoriti con leggi regionali, con contributi, sovvenzioni da elargire a gruppi, associazioni, compagnie, che privilegiano, prediligono, alimentano l'idioma nazionale o il vernacolo.
Alcuni anni fa la Società Dante Alighieri promosse un sondaggio sulle parole inglesi più inopportune nell'uso quotidiano della lingua italiana Prima fra tutte spicca weekend (fine settimana), seguito da okay ( va bene, d'accordo, benestare, conferma). Ma nel linguaggio della quotidianità troviamo termini, come: location invece di posto, posizione, collocazione; living-room, stanza di soggiorno; look ( aspetto, immagine, apparenza, espressione, trucco, abbigliamento); basket ( pallacanestro); catering (ristorazione, approvvigionamento); design ( linea, disegno, stile); educational ( educativo, istruttivo); franchising ( franchigia, privilegio, commissione esclusiva); gossip ( pettegolezzo, chiacchiera, diceria, ciarla); handicap ( svantaggio, difficoltà, impedimento, inferiorità, menomazione, disabilità); nomination ( designazione, candidatura); optional (accessorio); welfare (benessere, assistenza); work-shop ( officina, laboratorio, seminario).
Ma l'itanglese come lo definisce Aldo Gabrieli nel suo Grande Dizionario Italiano, in maniera sproporzionata e invasiva lo si trova anche in espressioni, come: Last minute (ultimo minuto), discount (punto vendita a prezzi bassi); Know- how (patrimonio di conoscenza); feed-back (retroazione a uno stimolo, risposta); stalking ( caccia, agguato).
Ma perché l'italiano, diversamente dal dialetto napoletano che i termini stranieri l'ingloba trasformandoli, li registra ma li deglutisce, è così incline all'utilizzo di inglesismi? Secondo Nicola De Blasi, professore ordinario di linguistica e dialettologia italiana presso l'Università Federico II di Napoli, perché "gli Italiani sono più sensibili alla moda corrente per nascondere una certa insicurezza. Si è passati dall'eccesso costrittivo a quello dell'abuso dei nostri giorni".
E se, aggiungiamo noi, tale abuso potrebbe scaturire da certa predilezione per delle mode d'Oltreoceano o per una scarsa padronanza della lingua conseguente all'abbandono molto parziale del vernacolo?
"Tutto può cambiare", asseriva lo scrittore Italo Calvino, autore de "Il barone rampante", ma non il linguaggio che ci portiamo dentro paragonabile all'utero della propria madre". Seguendo la nostra predilezione spicciola per il dialetto napoletano, noi aggiungiamo: Parla comme t'ha fatto mammeta.
E' dopo la seconda guerra mondiale, grazie agli occupanti cosi anche detti, in maniera impropria, "liberatori" per via che ci portarono la democrazia a forza di bombardamenti a tappeto sulle nostre città inermi, che si diffondono gli "anglismi". Conseguentemente si incunea il peggio del peggio delle mode, delle eccentricità, delle americanate. "L'imitazione delle lingue portò seco finalmente quelle delle opinioni. La mania per le nazioni estere ruina una nazione, spegnendo in lei ogni amore per le cose sue. Una nazione, che troppo ammira le cose straniere alle cagioni di rivoluzione che porta seco il corso politico di ogni popolo aggiunge anche quelle degli altri popoli…Sopra cento teste voi dovete contare, in ogni nazione, cinquanta donne e quarantotto uomini più frivoli delle donne: essi non ragionano in altro modo che in questo: si pettina meglio, si veste meglio, si cucina meglio, si parla meglio: la prova n'è che noi ci pettiniamo, mangiamo, ci vestiamo com'essi fanno. Come è possibile che quella nazione non pensi e non operi meglio di noi?".
Ci vedemmo inondati, e ciò perdura, oltre che da parole, anche da modi e da maniere altrui, fu l'Italia USAta. Con i beat, gl'hippy, il chewing-gum, i blue-jeans, il doping, i piercing,
i Mc-Donalds, il mobbing, la privacy, il work in progress, il jet-set, l'inpeachment, la class-action, la devolution, il software, l'hardware, il business, il killer, lo spray, il westpunk, il part-time, la password, il question-time. La lingua moderna derivata dall'itanglese è anche pefettina, pasticciata, ipocrita. E' la lingua acconciata alla meglio nel tentativo approssimativo, fittizio, di addolcire, di moderare la crudezza di certe realtà dell'esistente. "E così al posto di festino si usa party; la prostituta, la sgualdrina, la puttana, la squillo, mignotta, troia, bagascia, meretrice, diventa escort;
i magmaccia sono P.R , i travestiti, sono trans".
"Di questo passo (G. Melis) comuni modi di dire, tipo mandare tutto a puttane, muteranno in mandare tutto a escort che non è sinonimo di emancipazione, poliglottismo o multiculturalismo, ma richiede esterofilia e manifesto senso di inferiorità che la lingua italiana non ha nessun motivo di accusare". Con una lingua, quella italiana, forgiatasi nel grembo delle antiche civiltà mediterranee, in epoca recente, noi prendiamo lezioni da chi "dalla barbarie passava all'inciviltà"(G.B. Shaw).
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