di Raffaele Bruno
La globalizzazione comporta l'integrazione in un unico
mercato mondiale dei flussi internazionali del commercio,
del capitale, della finanza e dell'informazione. Questo
processo di globalizzazione avviene in nome del nuovo
paradigma neoliberista - l'ideologia che dalla caduta dei
sistemi comunisti è uscita enormemente rafforzata. Di
ideologia infatti si tratta, perché il mercato mondiale
non è libero; al contrario, esso e controllato da circa
750 onnicomprensive corporazioni multinazionali e da
potentissime forze finanziarie, e risente pesantemente delle
politiche interventiste del Fondo Monetario Internazionale e
della Banca Mondiale. Queste due istituzioni sono il braccio
lungo dei potenti interessi economici che "regolano il
processo di accumulazione del capitale a livello globale".
Da esse emanano gli imperativi delle privatizzazioni, della
deregolamentazione dei mercati globali, dei movimenti di
capitale, e degli aggiustamenti strutturali - imperativi
oggi accettati dalla stragrande maggioranza dei governi,
quale che sia la loro composizione politica.
In conseguenza di questi imperativi, ed in particolar
modo dei processi di deregolamentazione, i flussi finanziari
hanno raggiunto proporzioni incredibili: ogni ventiquattro
ore, oltre mille miliardi di dollari si spostano in cerca di
profitti massimi su un mercato finanziario globale che non
conosce frontiere. Le forze che agiscono su questo mercato
finanziario globale sono potentissime: esse sono in grado di
condizionare pesantemente le politiche finanziarie degli
stati, anche dei più forti, limitando il loro potere di
determinazione dei tassi di interesse e dei tassi di cambio.
Per farsi un'idea del potere di queste forze si pensi che
nel 1994 il totale delle vendite di ciascuna delle tre
maggiori multinazionali del mondo - nell'ordine, la General
Motors, la Ford e la Toyota - superava il Prodotto interno
lordo, in sigla: Pil, di molti paesi, inclusi Danimarca,
Africa del Sud, Norvegia, Polonia, Portogallo, Venezuela,
Pakistan, Egitto e molti altri. Il totale delle vendite
delle cinque maggiori multinazionali - General Motors, Ford,
Toyota, Exxon e Royal Dutch / Shell - fu, nel 1994, 871
miliardi di dollari: vale a dire più del triplo del Pil di
tutti i paesi dell'Africa sub-sahariana presi assieme (246
miliardi di dollari) e quasi il doppio del Pil aggregato di
tutti i Paesi dell'Asia del Sud (451 miliardi).
La globalizzazione nell'ambito del nuovo paradigma
neoliberista è strettamente correlata con un acuirsi delle
disuguaglianze e della povertà, sia a livello globale, sia
a livelli regionali e nazionali. Infatti, dal 1960 in poi la
disuguaglianza economica globale non ha fatto che aumentare
e, come denunciato nel Rapporto sullo sviluppo umano per il
2007 (pubblicato dall'Undp), ha raggiunto oggi "una soglia
mai sperimentata in passato". I dati che corroborano questo
giudizio sono moltissimi. Ne indico subito alcuni a solo
titolo di esempio:
- Dal 1960 al 1990 i paesi poveri con una popolazione
complessiva pari al 20% della popolazione mondiale hanno
registrato un calo nella loro parte del commercio mondiale
da un già basso 4% ad un misero 1%. Parallelamente, nello
stesso trentennio, il 20% più ricco della popolazione
mondiale ha visto la propria quota del reddito globale
salire dal 70 all'85%, mentre la quota del reddito globale
del 20% più povero della popolazione mondiale ha subito
una caduta da un già misero 2,3% ad un miserrimo 1,4%.
Ciò significa che dal 1960 ad oggi la proporzione del
reddito del 20% più ricco rispetto al reddito del 20%
più povero della popolazione mondiale non ha fatto che
aumentare: da 30 a 1 nel 1960, a 61 ad 1 nel 1991, per
giungere alla proporzione di 78 a 1 nel 1994.
- Negli ultimi quindici anni lo sviluppo economico nel mondo
si è verificato in modo estremamente disuguale. In 15
paesi esso e stato molto forte ed ha portato ad un rapido
aumento di reddito per vari settori del miliardo e mezzo di
persone che costituiscono la popolazione complessiva di
questi paesi. Ma nello stesso quindicennio stagnazione o
recessione economica hanno colpito più di cento paesi di
cui fanno parte vari stati dell'Europa orientale ex
comunista e gran parte dei paesi in via di sviluppo. Non a
caso si tratta spesso di paesi con un grande debito estero e
quindi sottoposti in modo molto duro al "programma di
aggiustamenti strutturali" imposto dalla Banca Mondiale e
dal Fondo Monetario Internazionale. In questi cento paesi,
che complessivamente hanno un quarto della popolazione
mondiale, il reddito medio è caduto al di sotto di quello
che era nel 1980.
Nel frattempo, il numero delle persone più ricche del
mondo - i miliardari del dollaro - è salito da 157 nel
1989 a 358 nel 2006. L'anno scorso, questi 358 miliardari
avevano assieme un reddito netto pari al reddito complessivo
del 45% più povero della popolazione mondiale, costituito
da 2 miliardi e mezzo di persone. Nel giro dell'ultimo anno
il numero di miliardari è ulteriormente aumentato di 89,
giungendo a 447: la ricchezza netta dei dieci più ricchi
di questo gruppo è stata stimata a 133 miliardi di
dollari, cifra che supera di una volta e mezzo il reddito
complessivo di tutti i paesi meno avanzati esistenti al
mondo.
Raffaele Bruno
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