di Umberto Franzese
243 giorni dalla fondazione alla inaugurazione, grazie
alla "volontà politica energica e determinata ispirata
ad un alto senso etico della Storia": erano gli anni
Trenta.
Sciacalli della politica e consorterie mafiose di
palazzinari d'assalto nell'Italietta democraticona. 180
giorni dalla posa della prima pietra al taglio del nastro,
grazie ad un efficientismo senza pari e
a grande spirito di sacrificio: erano gli anni del consenso.
Territori devastati, mancanza di progettualità, lavori
infiniti, spese folli: le vergogne di un Italia sprecona e
fuori di senno.
Settant'anni fa la bonifica dell'Agro Pontino. Città
costruite a tempo di record, città modello, città nuove
che alla fine saranno ben cinque: Littoria, Sabaudia,
Pontinia, Aprilia, Pomezia.
Mancanza di politiche gestionali, lungaggini burocratiche,
città sommerse di rifiuti, abusivismo edilizio, cantieri
dimessi, in un Paese altro che non conosce pari
nell'Europa del Duemila.
I soloni, gli esperti, i critici, i chiosatori del culturame
di varia estrazione, hanno di che sciacquarsi la bocca
quando blaterano di impegno sociale, culturale e politico.
Meglio farebbero ad azzittire. L'esempio che ci viene
dall'architettura e dall'urbanistica di "Regime"
resta mai più imitato né superato.
Sulle città di fondazione costruite dal fascismo a tempo
di record e nei limiti di spesa stimata, 128 in Italia, a
cento a cento nelle isole del Mediterraneo e nelle ex
colonie, c'è di che sciogliersi in un inno di gloria.
Per la prima ed unica volta nel nostro Paese avviene il
miracolo dall'Unità ad oggi di un piano programmatico
che riuscì a mettere in sintonia architettura ed
urbanistica. Mai, da allora, un consesso di architetti, di
pianificatori, di urbanisti, di paesaggisti, riuscirà a
pensare, a creare un progetto di così ampio respiro,
così come quello realizzato non mai a fini puramente
speculativi, come quello dell'Agro Pontino. Un successo
non solo propagandistico come tenta di farlo passare certa
pubblicistica d'accatto, ma tecnico, agricolo, sociale,
finanziario. Un successo soprattutto finanziario se
paragonato allo spreco di danaro pubblico che caratterizza
certe opere democratiche che spesso non vedono neppure la
fine quando i fondi stanziati prendono altre vie.
Il piano per la bonifica ha inizio nel 1929, quando
Mussolini dà incarico al conte Orsoline Cancelli di
mettere in liquidazione l'Opera Nazionale Combattenti, un
istituto fondato nel 1917 per occuparsi del reinserimento
economico e sociale degli ex combattenti. Cancelli ha a
disposizione centotremila milioni di azioni oltre a varie
proprietà immobiliari: dovranno servire per la bonifica
integrale. Come da legge redatta da Arrigo Serpieri e
definita "legge Mussolini".
Contribuiranno a rendere più agevole la realizzazione del
piano, una nutrita serie di enti, consorzi di bonifica e
proprietari fondiari. Il 12 giugno 1931 senza dilatare
ulteriormente i tempi per l'inizio dei lavori, Cancelli,
unitamente a Luigi Razza, Commissario per le migrazioni
interne, presenta al Consiglio Consultivo dell'Opera, il
progetto relativo all'Agro Pontino già sottoposto
all'attenzione di Mussolini il 14 febbraio. I terreni sui
quali dovrà compiersi l'opera di bonifica sono di
proprietà dell'Istituto dei Fondi Turistici, presieduti
dall'on. Olivetti, e della Società delle Paludi Pontine.
Si vuole da parte del Cancelli e di conseguenza di
Mussolini, costruire cinquemila case coloniche con indirizzo
cerealicolo e zootecnico, in maniera tale da costituire un
"emporio di rifornimento di carne e di grano per i mercati
di Roma e Napoli. Il programma prevede l'impiego di 5 mila
coloni, il dissodamento dei primi 10.800 ettari e la
costruzione entro il mese di ottobre del 1932 di 500 case
coloniche. L'esito finale è di occupare una estensione
di almeno 30 mila ettari in una zona compresa tra la via
Appia e il mare Tirreno. Per i lavori che iniziano il 10
novembre vengono impiegati 60.000 operai. Ifinanziamenti
furono assicurati dalla "legge Mussolini" del 24
dicembre 1928. Presentandola in Parlamento il Duce cosssì
si espresse: "Io non dichiarerò ciclopica la legge per
la Bonifica Integrale, perché io non amo i superlativi,
è una legge però impotante, notevole, per l'opera che
noi potremo compiere". Il 5 aprile 1932 Mussolini si reca
nell'Agro Pontino per prendere visione dello stato dei
lavori.
"Tornare alla Terra" era l'imperativo categorico che
Mussolini amava ripetere nel seguire di persona i programmi
di bonifica. Ogni villaggio, a parer suo, doveva,
necessariamente, essere fornito di "luce, telefono,
cinema, radio, e un sistema di strade". Oltre che
nell'Agro Pontino, intanto, altri insediamenti agricoli
sorgevano, come la "città giardino per contadini" in
Sicilia, Mussolinia.
Il progetto del comune di Littoria redatto dall'architetto
Oriolo Frezzotti impostato su di uno schema chiaro,
uniforme, comprendeva: una sede comunale, albergo, chiesa
parrocchiale, stazione ferroviaria, teatro, uffici, casa del
fascio, servizi, strade ampie secondo un odierno tracciato
lineare, uniforme, una grande piazza centrale, un campo
sportivo, cinema.
Nelle città dell'Agro Pontino affluiscono masse di
contadini, operai, artigiani dalla maggior parte delle
regioni italiane e in particolare dall'Emilia Romagna e
dal Veneto.
I lavori straordinari dal punto di vista tecnico per la mole
di problemi e di difficoltà del terreno e della logistica
, comprendono innanzi tutto una bonifica idraulica condotta
con particolari criteri innovativi rispetto a quanto già
preventivato da un progetto del Genio Civile nel 1918.
Contemporaneamente alle correnti interne di migranti
provenienti da altre regioni, nel momento delle assegnazioni
dei poderi, diventano assegnatari anche i locali, cioè gli
abitanti di Fondi, Cisterna, Sezze, Terracina.
La Bonifica del Pontino suscita nella stampa nazionale ed
internazionale, particolarmente in quella inglese e
americana, un'eco del tutto imprevisto per un risultato
davvero eclatante.
In occasione della inaugurazione di Littoria il 18 dicembre
del 1932, il Duce da buon figlio della "terra", in
divisa grigio-verde di caporale d'onore, pronuncerà la
storica frase: "Questa è la guerra che noi
preferiamo".
Il bilancio conclusivo dell'operazione Bonifica fu di
grandissimo prestigio in campo internazionale e, grazie alle
imponenti opere pubbliche realizzate e da realizzare, con
l'impiego di mano d'opera a vari livelli, assicurando
lavoro alle leve giovanili, si poté di colpo arrestare il
grave fenomeno dell'emigrazione transoceanica.
La Bonifica, al contrario di quanto accade oggi con la
devastazione di intere porzioni di territorio, consentì
anche di costituire un ampia zona verde a parco naturale: il
Parco del Circeo.
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