di Umberto Franzese
L'Italia si trovò a mettere piede nel Continente Nero
avendo la Società di Navigazione Rubattino acquistato, da
alcuni Sultani arabi, la baia di Assab per stabilirvi un
deposito di carbone.
Iniziava così, in modo del tutto indolore, la
colonizzazione italiana.
Intanto L'Inghilterra dominava sul Mare Nostrum avendo
già Gibilterra (1713), Malta (1813), Cipro (1884). La
Francia, nel giugno del 1830, con la spedizione di Algeri,
aveva avviato la sua penetrazione in Africa. La Germania,
per citarne soltanto tre delle nazioni europee, possedeva,
dal 1884, la baia di Angra-Pequena, il protettorato del
Togo, del golfo di Guinea, del Camerun.
Col Trattato di Berlino del 1884 si apriva tra Germania,
Inghilterra, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Olanda,
Turchia, Stati Uniti e restanti Stati europei, una vera e
propria corsa per accaparrarsi un "posto al sole".
L'Italia arrivava sulla "quarta sponda" per stabilire
un punto di snodo commerciale, in assoluto, buon'ultima,
prendendosi lo scarto, ovvero quello che le altre potenze
avevano lasciato. Seminando oltre misura in Etiopia, in
Eritrea, in Libia, e senza raccoglierne i frutti.
Di recente è stato siglato un accordo tra il nostro Paese
e il colonnello Gheddafi per i danni inflitti dall'Italia
alla Libia durante il periodo coloniale.
A differenza delle altre nazioni europee, il nostro non fu
un "colonialismo di rapina" e lasciammo laggiù, pur
tra eccessi ed episodi di intolleranza, come è successo
nel corso di tutte le guerre coloniali, un buon ricordo. Da
testimonianze raccolte attraverso coloni che in terra
d'Africa hanno vissuto e hanno faticato e sudato per
rendere fertile un terreno arido e costruire e innalzare
mura, viene fuori un racconto che non somiglia affatto a
quello di "italiani odiosi colonialisti", piuttosto di
italiani civilizzatori.
La Libia, provincia romana fino al IV secolo, godette di
grande prosperità regnando Settimio Severo, imperatore
nordafricano di Leptis Magna. Con Sabratha, Leptis Magna in
Tripolitania, è uno dei complessi monumentali
dell'antichità di prim'ordine. Ne fanno fede: l'Arco
di Settimio Severo; le Terme, le più vaste delle province
dell'Impero; la Palestra con Marte seduto e il Ninfeo
Maggiore; il Foro Nuovo; la Basilica; il Porto; il Foro
Vecchio e la Curia; il Teatro di Augusto e l'Arco di
Traiano.
Nel 1937 la Libia veniva divisa in quattro province
costiere: Tripoli, Misurata, Bengasi, Derna. Con la
costituzione dell'Ente per la Colonizzazione della Libia,
la maggiore finalità era quella della "messa in
valore" dei terreni mediante l'appoderamento e
l'immissione di famiglie coloniche. Accanto a villaggi
agricoli italiani, come: il Razza, il Beda Littoria, Luigi
Savoia, Berta, Maddalena, quelli musulmani di Fagre, Zehra,
Mansura, Chadra, Nahiba, Gelida, Mehamura, Naima.
Gli accordi stabiliti tra l'Italia –marzo 2009- e la
Libia, prevedono investimenti per "una autostrada costiera
che attraversa tutta la Libia. Il colonnello Gheddafi,
laddove costruimmo la Litoranea libica, ovvero la Balbia,
dal nome del Governatore Italo Balbo, il trasvolatore
atlantico, il Maresciallo dell'Aria, chiede all'Italia
un autostrada a quattro corsie. Ma strade, grazie
all'efficientissima opera del Regime, negli anni Trenta,
in Libia, se ne costruirono e come!
A Tripoli il maestoso lungomare; la Balbia, da Tripoli a
Homs, Zuara, Tunisi, Bengasi fino ad Alessandria d'Egitto.
Le camionabili Bu Zeian, Mizda, Gefara; l'Agedabia -
Gialo.
La linea ferroviaria da Tripoli per Zuara – Bengasi –
Alessandria. Servizi di autocorriere: Tripoli – Castel
Benito per Garian; da Tripoli a Homs – Zliten – Misurata
– Buerat – Sirte; la Crispi – Gioda – Misurata –
Sidi Marahahat; la Misurata – Beni Ulid. Porti e scali
marittimi: Zuara Marina; Leptis Magna; Bengasi col lungomare
Mussolini; Bardia. Autolinee: Bengasi – Cirene; Derna –
Tobruch – Bardia.
La recente intesa prevede ancora la costruzione di alloggi
nel Paese nordafricano, borse di studio per studenti liberi
e pensioni di invalidità per i mutilati.
Il rinnovamento della città di Tripoli cominciò nel 1922
con la costruzione del Palazzo delle Poste; il Palazzo
dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale; il
Palazzo di Giustizia; il Grande Albergo; la Banca
d'Italia; il Teatro Miramare; il Banco di Roma. Nel 1939,
a Castelvetere, a cura dell'Istituto della Previdenza
Sociale, fu installato il comprensorio della Borgata rurale
Corradini, comprendente una scuola, una chiesetta, il
mercato, lo spaccio cooperativo. Su un terreno di 4000
ettari furono sistemate colture di olivi, mandorli, viti,
cereali. L'approvvigionamento idrico era assicurato grazie
a pozzi con aeromotori. A Bengasi il Teatro Municipale su
progetto di Piacentini e Piccinato, la Banca d'Italia, il
Palazzo del Governo, il Palazzo del Littorio, il Palazzo
Sichenberger, il Palazzo del Governatore del 1929, il
Mercato coperto del 1922. Sulla strada da Bengasi per
Alessandria d'Egitto fu istituto il villaggio agricolo
Francesco Baracca del 1938.
A coronamento di tale messe di opere, la realizzazione di
una infinità di infrastrutture in una elencazione del
tutto ridotta: l'Ente Turistico della Libia; la Fiera
Campionaria di Tripoli; la Mille- Miglia libica; il Raduno
Automobilistico del Nordafrica. Gli spettacoli classici al
Teatro romano di Sabratha; i collegamenti marittimi gestiti
dalla Società di Navigazione Tirrenia, da Siracusa a
Tripoli, a Bengasi; da Napoli e da Palermo per Tripoli,
Misurata, Bengasi, Derna. Le linee aeree gestite dall'Ala
Littoria: Roma – Siracusa – Malta – Tripoli. La
collocazione di alberghi di ristoranti, di ospedali, poste e
telegrafi, telefoni. Strutture sportive e ricreative.
I libici, ancora oggi, camminano sulle strade tracciate
dagli italiani; abitano villaggi costruiti da italiani;
sfruttano pozzi scavati da italiani; attraversano ponti
eretti da italiani; si curano in ospedali messi in piedi da
italiani. C'è una intera collettività di nostri
connazionali che fanno capo all'Associazione Italiana
Rimpatriati della Libia che da 38 anni attende che sia posto
fine a un contenzioso per i beni confiscati da Gheddafi agli
italiani di Libia. Nel 1964, ad un gruppo di ex coloni che
ebbe la ventura di visitare un appoderamento nella Tripoli
di re Idris, fu mostrato dal direttore del villaggio fondato
da italiani, un ritratto di Mussolini col seguente commento:
"Grande uomo il vostro Duce". Con l'avvento del
colonnello non solo gli Italiani civilizzatori furono
cacciati, ma persino i loro cimiteri furono distrutti. Oggi,
con le carrette del mare, i nordafricani vengono a bussare
alle nostre porte, accolti e accettati, ma quando anni
addietro i pescherecci siciliani menavano le reti in
prossimità delle loro acque, o gli sparavano addosso o gli
sequestravano le imbarcazioni.
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