ITALIANE
di Raffaele Bruno
Bisogna sempre porre molta attenzione ai cosiddetti
"piccoli fatti" di tipo economico, di quelli che si
fanno avanti un giorno si e l'altro … pure, nelle
cronache correnti. Perché sono spesso, come dicono gli
specialisti delle vicende economiche, campanelli d'allarme
relativi a fenomeni in atto di grossa entità; sono
"sintomi" del male che cova nel profondo. E un male
c'è nel profondo del tessuto sociale italiano di oggi;
ed esso si può individuare nella "marcia verso la
povertà"; o meglio, e più esattamente, verso un
impoverimento generalizzato che colpisce anzitutto il ceto
medio e vede in prima fila le famiglie mono reddito.
Così, mentre i partiti – di governo e di opposizione –
passano la maggioranza del loro tempo in estenuanti e
interminabili bracci di ferro sulle riforme costituzionali,
il "tessuto" della società italiana si degrada e si
sfilaccia.
Non rimandano ad altro concetto quei fenomeni cui ci
riferivamo all'inizio; fenomeni che in Italia non si erano
mai visti nella società italiana dal primo dopoguerra ad
oggi; fenomeni del tutto nuovi, "originali"; e dunque
tanto più difficili tanto da essere percepiti quanto a
trovare adeguata valutazione.
La storia ci insegna che all'inizio degli anni trenta
anche l'Italia dovette affrontare le ricadute della
"grande crisi" scoppiata nel 1929 negli Stati Uniti.
Anche noi italiani dovemmo tirare la cinghia e affrontare
una "stretta economica" con molte ricadute sociali
negative. Ma allora – ed ecco dove il "precedente
storico" si presta ad un analisi quanto mai interessante
– allora ci battevamo contro un impoverimento che aveva
origine da una colossale crisi che coinvolgeva tutto il
mondo occidentale, mentre oggi quello che avviene, questa
vera e propria spinta all'impoverimento, trova, proprio,
oltre la crisi economica in corso, nel "dentro"
dell'Italia, spinte e pulsioni di vario genere.
Ma quando mai si era visto in Italia, nel corso degli ultimi
anni, l'aumento impetuoso degli acquisti a rate? Per
combattere in qualche modo il carovita che incalza, si fanno
sempre più debiti da parte delle famiglie. E solo negli
ultimi sei mesi, il credito al consumo è cresciuto del 15
%. E' evidente lo stato di fatto: la famiglia di tipo
medio non ce la fa più a quadrare i conti, ad arrivare
alla fine del mese; e allora si "indebita" per
acquistare quello cui non vuole o non vuole rinunciare,
anche perché ci sono scadenze, pagamenti originati da
scelte precedenti, cambiali e mutui da onorare.
Si compra tutto a rate ormai. Il credito al consumo delle
famiglie era di poco di più di 20 miliardi di euro nel
2000; è cresciuto a 23.8 nel 2001; è arrivato a quota
28,4 l'anno successivo; al 31,2 nel 2003 e adesso marcia
verso i 36 miliardi di euro. Continuando di questo passo,
saremo al raddoppio – da 20 a 40 miliardi di euro – in
appena 5 anni.
E allora: non si comprano "sempre più a prestito"
l'auto o il frigorifero o l'antenna parabolica; ci si
indebita anche presso il supermercato o nel negozio vicino
casa, per normali prodotti alimentari; si fanno debiti – o
si chiedono prestiti – per fare la spesa.
Si diffonde e si radica sempre di più la "cultura del
debito". Una "cultura" pericolosa, quando supera –
come sta avvenendo – i limiti fisiologici; ed è un
sintomo d'allarme quando i debiti si debbono contrarre
anche per mangiare negli ultimi giorni del mese, visto che
ormai non si arriva alla terza settimana e la crisi diventa
sempre più drammaticamente spaventosa, mentre la
disoccupazione avanza e in alcune zone del Mezzogiorno
sfiora la terribile soglia del 60% tra i giovani.
Raffaele Bruno
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