E' da preoccupare il metodo aggressivo e spregiudicato
reinaugurato da Vladimir Putin, il quale dopo gli anni
dell'avvilimento patriottico ha tirato su i cuori russi.
Nella guerra i Georgia Putin cerca di ostacolare la via di
questo Paese verso l'Occidente. E siccome a Tbilisi
passa l'unico oleodotto del Caucaso che non attraversa il
territorio russo, costruito con gli aiuti degli Stati Uniti
e ci scorre un mare di petrolio che arriva dai ciacimenti
azeri sul mar Caspio, per l'Occidente perdere la Georgia
significa lasciare al Cremino il controllo completo delle
risorse energetiche dirette in Europa. Questa è la vera
posta in gioco. Il cemento della democrazia in Russia è
ancora fragile e Putin fa quello che gli pare, tanto sa che
l'Ocidente ha bisogno del suo petrolio e mai nessuno
oserebbe intervenire per fermare il massacro georgiano. Ma
l'Europa ha il dovere di intervenire perché non muoiano
altri civili, fosse anche per cominciare l'estenuante
trafila dei colloqui e delle conferenze di pace.
La guerra è arrivata come d'abitudine in agosto,
quando la politica internazionale tende a distrarsi, e in
pieno svolgimento di controverse Olimpiadi in Cina. Ma la
diplomazia, incosciente, anche un po' stolta, era ferma da
gennaio, da quando la paura dell'accerchiamento era
diventata a Mosca prevalente e angosciante. Fattori
scatenanti l'indipendenza del Kosovo e l'avvicinamento
di Ucraina e Georgia all'Alleanza Atlantica. Gli scontri
tra soldati georgiani, rafforzati da mille marines americani
e da un esercito spicciolo composto da volontari armeni,
azeri e ucraini, con gli ottomila militari russi, arrivati
in Abkhazia e Ossezia del sud andavano avanti da due mesi.
I separatisti controllavano già in parte le due regioni
dalla metà degli anni Novanta, dopo sanguinose guerre
d'indipendenza; avevano rapporti economici con la Russia,
ma non hanno mai avuto alcun riconoscimento internazionale.
Per Mosca sono merce preziosa per fermare l'ingresso della
Georgia nella Nato, per determinare una situazione analoga a
quella del Kosovo, a proprio vantaggio. Ma per Mosca
l'Abkhazia è un punto strategico fondamentale anche se
la partita sulla Nato fosse persa. La flotta russa potrebbe
trovare a Sokhumi, principale centro della regione, un nuovo
porto sul mar Nero nel caso in cui Ucraina e Georgia
entrassero nell'Alleanza Atlantica. I genieri di Mosca
stanno costruendo strade, ponti e una linea ferroviaria,
insomma un collegamento diretto. La situazione è esplosiva
ed è evidente che l'Occidente giocherà la sua partita
senza indispettire l'amico Putin. Il presidente americano
Bush se ne sta in Cina a seguire le Olimpiadi e il Premier
Berlusconi si limita a una telefonata diplomatica. Tutto
ciò mentre i civili continuano a morire.
Raffaele Bruno
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