di Raffaele Bruno (Presidente di Vento del Sud)
Il nostro Paese è sempre più povero a causa di un
debito pubblico in continuo aumento che comporta
un'elevata pressione fiscale. Il debito pubblico è
un'invenzione costruita da politici e banchieri al fine di
arricchire gli azionisti privati della Banca Centrale
italiana e quella europea.
In passato, le banche che emettevano denaro lo garantivano
con la copertura aurea, si impegnavano a convertire le
banconote in oro e sostenevano un costo di emissione. Oggi,
le monete non sono coperte da riserve di oro, non sono
convertibili e il loro costo di emissione è praticamente
zero, ma il guadagno di chi le emette e le vende, ossia il
signoraggio, è del 100% del valore nominale. Quando lo
Stato domanda soldi alla Banca Centrale paga il costo del
valore nominale (e non il solo costo tipografico) con titoli
del debito pubblico, ossia impegnandosi a riscuotere
crescenti tasse dai cittadini e dalle imprese. Tutto ciò
avviene attraverso la Banca Centrale Europea, un mostro
giuridico creato dal Trattato di Maastricht, esente da ogni
controllo, come un vero e proprio Stato sovrano, posto al
disopra delle parti. Dal bilancio della Banca Centrale
Europea risulta che nel Sistema Europeo delle Banche
Centrali (SEBC) ci sono circa 50 miliardi di Euro che
spettano allo Stato italiano e che il Governo dovrebbe
recuperare. Siamo dinnanzi un "Signore" che usa lo
Stato, il fisco e la pubblica amministrazione, per
realizzare un sistema costituzionale e di disinformazione
allo scopo di nascondere i suoi traffici e fini, realizzando
un'illusione di legalità. Un sistema di potere che si
è eretto e mantenuto sul fatto di essere ignorato dalla
gente, soprattutto dai lavoratori, dai risparmiatori e dai
contribuenti. Il libro è di facile comprensione sia per
chi si interessa di politica e finanza sia per il lettore
non specialista. Gli autori propongono alla gente comune di
rivolgersi alla Magistratura per porre fine a questo
saccheggio monetario.
La Banca Centrale emette denaro per un valore,
supponiamo, di mille miliardi di Euro. Quel valore, quei
mille miliardi, di chi sono? A chi appartiene la moneta, il
valore del denaro, nel momento in cui viene emessa dalla
Banca Centrale? Alla Banca Centrale stessa, che quindi ha
diritto di farsela pagare dallo Stato? O allo Stato, al
popolo, che quindi non dovrebbe pagare né il denaro né
gli interessi alla Banca Centrale quando ha bisogno di
denaro? Si tratta di una questione fondamentale, perché
dalla risposta che essa riceve, dipende essenzialmente
l'indebitamento dello Stato. Il fatto che l'esercizio
del potere monetario attraverso la Banca Centrale è uno
strumento di potere dei banchieri sullo Stato, trova
conferma in come le istituzioni statali sono impegnate a
equivocare e a mentire in tutte le sedi, anche parlamentari,
per coprire il fatto che la Banca d'Italia cede a caro
prezzo denaro che a essa niente costa e a cui non è essa a
dare il valore, ossia il potere di acquisto. Il potere di
acquisto, come abbiamo visto, glielo conferisce il mercato,
la gente, attraverso la domanda di denaro. La Banca Centrale
non ha "prodotto" il valore del denaro, eppure si
comporta come se fosse proprietaria del medesimo denaro, in
quanto lo cede allo Stato (e alle banche commerciali) in
cambio di titoli di Stato e contro interessate. Questo fatto
è paradossale. È come se il tipografo, incaricato dagli
amministratori della società calcistica organizzatrice di
una partita di stampare 30.000 biglietti di ingresso per le
partite del campionato, col prezzo di 20 stampato su ogni
biglietto, chiedesse come compenso per il suo lavoro di
stampa 600.000, in base al fatto che i biglietti che ha
prodotto "valgono" 20 cadauno. È vero che essi
"valgono" 20 ciascuno, ma che essi abbiano un valore
non dipende dal tipografo, bensì dall'associazione
sportiva che ha formato la squadra, procurato il campo da
gioco e organizzato la partita, sostenendo i relativi costi
e producendo la domanda di quei biglietti, senza la quali
questi niente varrebbero. Gli amministratori della società
sportiva lo sanno bene, ma il tipografo in parte li ricatta
e in parte li lusinga perché promette loro che, se gli
pagheranno l'ingiusto compenso richiesto, egli darà loro
un lauto regalo e i fondi per farsi rieleggere alle prossime
elezioni del consiglio di amministrazione. Altrimenti,
finanzierà altri candidati e una campagna di stampa contro
i consiglieri onesti. Il potere bancario si comporta come
quel tipografo, e i governanti si comportano come i
consiglieri ricattati e lusingati dell'associazione
sportiva, riconoscendo alla Banca Centrale la proprietà o
titolarità del valore del denaro che emette, stampato o
scritturale che sia, e in cambio di esso indebitano
ingiustamente e illogicamente proprio il popolo, che è il
soggetto che, col suo lavoro e con la sua domanda, ossia col
mercato, conferisce valore al denaro. Per questa ragione,
oltre che in base al principio costituzionale della
sovranità popolare, al momento in cui viene emesso, il
denaro, il suo valore, dovrebbe logicamente essere ed essere
trattato come proprietà del popolo e, per esso, dello
Stato. Assolutamente lo Stato non dovrebbe indebitare se
stesso e il popolo verso una Banca Centrale, pubblica o
privata che sia, per ottenere denaro. Al contrario, ciò
è proprio quanto succede incessantemente. Ma vi è di
peggio: la Banca Centrale, cioè i suoi azionisti, oltre ad
appropriarsi, a danno dello Stato, del valore del denaro che
essa emette, nei suoi propri conti segna questo valore non
all'attivo ma al passivo, simulando un debito ed evitando,
così, di pagare le tasse su quello che è un puro
incremento di capitale e che, come tale, dovrebbe essere
interamente tassato. L'ovvio ragionamento che abbiamo
testé svolto è stato già sottoposto al Parlamento,
attraverso interrogazioni parlamentari, nel 1994 e nel 1995.
Entrambe le risposte elusero il problema, affermando che la
Banca Centrale (allora, cioè, la Banca d'Italia) non
sarebbe proprietaria dei valori monetari, ossia del valore
del denaro emesso, perché il denaro emesso costituirebbe
sempre un passivo, un debito; e che, perciò, giustamente
la Banca d'Italia lo iscriveva come posta passiva nel
proprio bilancio. Come i membri competenti dei due governi
interessati non potevano ignorare, queste risposte sono del
tutto contrarie alla verità. Innanzitutto, la risposta
fornita è contraddetta dal comportamento dei governi
medesimi – di tutti i governi. Infatti, se i governi
fossero coerenti con l'affermazione che il denaro, il
valore monetario, non appartiene alla Banca emittente,
perché lo Stato continua a dare qualcosa (i titoli del
debito pubblico) in cambio di Lire o Euro? E se il denaro
emesso costituisse una passività, un debito, perché mai
lo Stato dovrebbe comperarlo pagandolo con titoli del debito
pubblico, che costituiscono un credito per chi li riceve? Si
è mai visto che qualcuno paghi un altro per farsi cedere
un debito? Ma le risposte del governo sono anche false
giuridicamente, perché il denaro non è affatto un debito
per la Banca che lo emette. Se fosse un debito, dovrebbe
poter essere incassato dal portatore presso la Banca
medesima, mediante conversione in oro, e il portatore della
banconota aveva il diritto di farsela cambiare in oro dalla
Banca Centrale che l'aveva emessa, come avveniva una volta,
fino al 1929 circa, quando il denaro era convertibile in
oro. Anche in tempi successivi al 1929, molte banconote
portavano la scritta "Pagabile a vista al portatore". Ma
pagabile in che cosa, dato che esse non erano convertibili
in oro? In realtà, quei biglietti non erano pagabili in
alcun modo e quella scritta era una menzogna per ingannare
il pubblico e fargli credere che i biglietti di banca
fossero convertibili in qualcosa avente valore proprio o che
la banca si fosse indebitata per emetterli, il che è falso
(mentre era vero in un ormai lontano passato). Del resto,
è naturale che nessun governo potrebbe permettersi di dare
risposte veridiche a simili questioni, perché ammetterebbe
che la sua vera funzione è defraudare i cittadini e gli
elettori per arricchire un'élite finanziaria che detiene
il vero potere. Ma quanto sopra costituisce solo la punta
dell'iceberg. Perché il grosso, circa l'85%, del
denaro esistente e circolante al mondo, non è denaro vero,
emesso da Banche Centrali, ma denaro creditizio, ossia
aperture di credito e disponibilità di spesa create dal
nulla dalle banche commerciali, le quali, attraverso questa
creazione continua di nuovo denaro creditizio, si
impossessano di quote crescenti del potere d'acquisto
complessivo della popolazione mondiale. Ecco perché Vento
del Sud, insieme all'Associazione "Fermiamo le Banche"
di Alfonso Marra è impegnata a promuovere centomila cause
contro le banche per ottenere risarcimenti per i clienti che
hanno subito l'usura, l'anatocismo e l'arroganza di
chi massacra i contribuenti. La battaglia è dura ma non
ci spaventa. Abbiamo già fatto manifestazioni sotto la
Banca d'Italia a Napoli e un convegno all'hotel Jolly. E
andremo avanti ancora, perché questa è la battaglia
delle battaglie, per difendere il popolo dall'arroganza
del potere economico e finanziario, veri padroni del mondo.