giovedì 10 dicembre 2009

IL TEATRO DI FIGURA: DAI TITEROS DI CASTIGLIA AI RINALDI NAPOLETANI ( DI UMBERTO FRANZESE)

IL TEATRO DI FIGURA: dai Titeros di Castiglia ai Rinaldi
napoletani

di Umberto Franzese

" 'A chille tiempe che c'era 'o primmo Re a Cipro,
dopo che Gottifré di Buglione conquistaie Terra Santa".

"Te si' fatto capace ancora o no?
Se mena mmiezo cu la spata mmano,
cu l'uocchie commo''o ffuoco…".

"- Ecco Linardo in campo! Il palatino!
'O palatino 'e Francia cchiù putente!".

Tra un inizio o l'altro, poteva così cominciare quello
che oggi viene definito "teatro di figura" ma che i
più che ancora ne hanno un flebile ricordo, licenziano
come "l'opera dei pupi". Per anni abbiamo lasciato
marcire, imputridire, deperire, filoni di una letteratura
popolare che ritenevamo dovesse essere accantonata perché
superata o addirittura non degna di men che minima
attenzione. Ora grazie a studiosi cavillosi, scopriamo,
invece, che aveva i requisiti, i connotati per ben figurare
nella poetica e nella costruzione scenica dalle forti tinte
umoristiche, amare. drammatiche, patetiche. Il paradosso è
che non si tratta tanto di rimuovere malinconici
nostalgismi, quanto di punteggiare una diversa stagione
nelle sue dimensioni temporali e storiche.
Un po' come negli "gliuommeri", prototipi dell'opera
buffa ovvero della "melocommedia"
(G. Borrelli) che fu di conforto alla "commedia
dell'arte".
Gli gliuommeri (gomitoli), erano componimenti poetici a
mo' di filastrocche dei secc. XIV e XV che si snodavano
con la stessa facilità di un gomitolo di filo. Di queste
poesie ne scrisse anche Iacopo Sannazzaro. Gli gliuommeri,
come i testi dell'opera dei pupi, che pure rappresentavano
racconti articolati di fatti realmente accaduti, venivano
considerati piuttosto alla stregua di rudimenti poetici o di
vere e proprie "comiche". Composti in dialetto, erano
ritenuti espressione della plebe e relegati, quindi, in
teatri di second'ordine. La lingua napoletana, e tutta la
poetica da essa derivante, purgata dei residui dovuti a
rancori politici e di classe, allorquando fu mondata,
acquistò dignità di arte grazie a soggetti ruotanti
intorno al mondo borghese e alla nobiltà. Solo allora
implicò il genere eroico, lirico, drammatico, giocoso,
cavalleresco.
Durante il viceregno austriaco tutta quanta la letteratura
dialettale poté fare leva, anche grazie a committenti
facoltosi, sulla classe cosiddetta "dirigente" formata
da magistrati e luminari del foro.
Fu un processo lento ma ininterrotto. Scrittori, attori,
impresari, musici, producevano un teatro dalla forte
impronta locale che rappresentava la commedia della vita.
Bozzetti drammatici, passionali, truci, lacrimosi, destinati
alla fervida fantasia popolare.
In questo contraddittorio tra nobile e plebeo, drammatico e
faceto, buffo e severo, s'inserisce il teatro di figura o
opera dei pupi. I pupi portati a Napoli dai "Titeros",
pupari casigliani, nella prima metà del XVI secolo, furono
resi popolari dai pupari, dai cantastorie, dai rinaldi
napoletani.
Una tradizione che ebbe termine nel 1958, quando chiuse i
battenti il San Carlino di Via Foria legato alla famiglia
Ruggiero.
L'istituzione di un Museo dell'Immaginario teatrale.
tendente a conservare la memoria dei pupi, burattini, e
guarattelle, l'offre l'Assessorato ai Beni Culturali
della Provincia di Napoli su progetto di Alberto Baldi,
docente di antropologia culturale all'Università
Federico II di Napoli.
A lato di circa centoventi pupi e centinaia di costumi della
famiglia di pupari Perna, una considerevole raccolta di
quadri, scenari e soprattutto settantamila pagine
manoscritte di autori del teatro napoletano dei pupi. Il
Museo potrà contare anche su due teatrini del tutto
operativi.
Una rimembranza celebrativa, grazie all'impegno del
Presidente del Consiglio Provinciale Luigi Rispoli e
dell'Assessore ai Beni Culturali Luigi Muro, avrà luogo
lunedì 14 dicembre 2009 nella

Sala del Consiglio Provinciale di S. Maria La Nova. In
programma: "Gli amor, le gesta, l'armi io canto del
paladin di Franza. I Rinaldi: teatranti dell'opera dei
pupi". Parteciperanno alla giornata di studi: Alberto
Baldi, docente di antropologia culturale all' Università
di Napoli Federico II; Domenico Scafoglio, docente di
antropologia culturale all'Università di Salerno; Angelo
Ruggiero, direttore del periodico di studi e azione politica
"Tradizione"; l'attore Tullio Del Matto; il
burattinaio Bruno Leone; l'attrice Maria Grazia Renato;
consulenza e ricerche di Annalisa Di Nuzzo e Fiorella
Franchini; audiovisivi di Giorgio Cossu; conduce Silvana
Capuano.


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